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Grande collezionista d’arte, ma era un bluff

A giudizio il 40enne Massimo Rossi, già giudicato per essersi finto medico: ora lo accusano artisti, fotografi, galleristi

r.d.r.
1 minuto di lettura

Il finto medico Massimo Rossi in tivù da Magalli 2019 (a destra)

 

È stato sotto processo per aver vestito il camice medico senza mai essersi laureato. Per l’accusa, è uno Zelig della truffa. Per il suo difensore, l’avvocato Pierluigi Riondato, «una persona che ha iniziato un nuovo percorso in comunità e speriamo nel lieto fine».

A Venezia, il quarantenne di Castelfranco Massimo Rossi, è a giudizio davanti al Tribunale per truffa, per essersi finto collezionista ed esperto d’arte ed aver lasciato conti da pagare qua e là. I fatti risalgono al maggio-giugno del 2017: i mesi della Biennale d’arte.

«Si muoveva benissimo: è un uomo colto, grande oratore, affabulatore, sembrava avesse tutte le porte aperte», ha testimoniato ieri il pittore G.F., «avevo tre quadri in esposizione in una collaterale della Biennale. Ha fatto trasportare 300 miei quadri in uno spazio magnifico a Burano per realizzare il catalogo delle mie opere, diceva, con il fotografo che aveva lavorato anche per Wharol. Mi ha portato all’Arsenale: si è fatto aprire alle 6 del pomeriggio. Sembrava conoscere tutti- poi un giorno mi ha detto che per esporre meglio i quadri bisognava fondare un’associazione, che servivano mille euro e i documenti miei, di mia moglie, di mio figlio. Il giorno dopo abbiamo scoperto che in giro parlavano di lui come un truffatore, ho temuto il peggio: ho mandato all’alba i trasportatori a recuperare i quadri». Chi ha pagato, chiede la difesa? «All’andata lui, al ritorno io: 2500 euro».

Tra le parti lese una fotografa, che ha lavorato per Rossi, subendo un danno - sostiene l’accusa - di 4 mila euro. Poi un taxista: «Ho portato lui e la sua compagna in giro per tre mesi: lavori per 5 mila euro, di cui 1500 di spese vive», ha spiegato ieri al giudice Stefano Manduzio.

«Ma come è possibile che abbia lavorato gratis per mesi?», domanda a tutti il pubblico ministero. La risposta è sempre la stessa: «Ti sapeva coinvolgere, era convincente. Diceva che i bonifici arrivavano dall’estero, di non preoccuparmi. Mi ha dato l’indirizzo della società: Red Corporation, 11 Buckingham road, Londra». Tra i testimoni anche il titolare di un noto locale: «Voleva un preventivo di catering: diceva che doveva comprare Thetis e voleva organizzare un grande evento in Arsenale e una festa nel suo yacht di 60 metri per il Redentore. Ha pagato con un bonifico inesistente la cena da 170 euro: l’ho denunciato perché me l’ha chiesto il commissariato di Mestre, che stava indagando su di lui». Prossima udienza l’8 settembre, con nuovi testi: la Procura lo accusa di aver cercato di truffare 19 mila euro a un gallerista

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