Delitto di Spresiano. Sequestrati un computer e un telefonino. Al setaccio degli investigatori i contatti
Gli apparati elettronici trovati nell’appartamento di via Ronchese. Dal canale spuntano la felpa grigia, le chiavi e gli occhiali
Marco Filippi
Ci sono un computer e un telefonino, sequestrati nell’appartamento di via Ronchese, dove Anica Panfile abitava, su cui si stanno concentrando le indagini degli investigatori. Erano entrambi in uso alla cuoca di 31 anni, trovata senza vita, domenica 21 maggio scorso, in un’ansa del Piave a Spresiano.
I carabinieri li hanno sequestrati, su ordine della procura, nell’immediatezza dei fatti, dopo che l’autopsia ha stabilito che la cuoca rumena non era morta per annegamento ma per i colpi alla testa inferti dall’assassino, mentre era ancora in vita.
E le indagini su quegli apparati elettronici, inutile dirlo, gli investigatori fanno molto affidamento. Nel computer, soprattutto, potrebbero esserci dei contatti ma anche nel vecchio telefonino, che la cuoca aveva in uso, oltre a quello che i carabinieri stanno cercando, assieme alla borsetta, nel canale Vittoria dove il corpo della mamma di 4 figli è stata gettata dopo l’omicidio.
Nel frattempo i carabinieri hanno trovato, oltre ad un mazzo di chiavi e un accendino, anche la felpa grigia e gli occhiali che Anica indossava al momento della scomparsa e di cui il compagno Luigino De Biase aveva dato una descrizione nella denuncia di scomparsa.
Anche il maglione, recuperato ieri mattina dai carabinieri, grazie all’abbassamento del livello dell’acqua canale, sarà passato al vaglio delle analisi di laboratorio per vedere se vi siano tracce di Dna dell’assassino, come tutti gli altri capi d’abbigliamento sequestrati dopo il ritrovamento del cadavere nel Piave.
Perché se è vero che non sono stati riscontrati evidenti segni di violenza nella zona genitale della vittima, è anche vero che l’assassino potrebbe aver fatto qualche errore nel momento in cui ha tentato di disfarsi del cadavere di Anica, gettandolo nel canale che confluisce nel Piave dal ponticello di via Barcador a Visnadello.
Gocce di sudore, qualche micro particella di Dna, una contaminazione di qualche sorta nel bagagliaio del mezzo con cui è stato trasportato il cadavere. Oramai la cronaca degli ultimi anni insegna che nei laboratori si possono fare miracoli ed è quello che sperano anche gli inquirenti.
Lo stesso capo della procura, Marco Martani, ha confermato che le analisi sul vestiario della vittima sono in corso: «Il fatto - ha detto il procuratore - che il corpo sia stato in acqua non significa che per forza le tracce di Dna di terzi siano state cancellate. A maggior ragione se si tiene conto del fatto che il corpo è stato ritrovato in superficie».
Nel frattempo, alle operazioni di ricerca della borsa e del cellulare della vittima, ha presenziato anche l’avvocato Fabio Amadio, che rappresenta Luigino De Biase, il compagno di Anica, che ha parlato dei quattro figli del,a vittima: «Per il momento - ha spiegato - il tribunale ha deciso di tutelarli nominando una curatrice. Il mio assistito li vuole tenere tutti e quattro assieme anche se non sappiamo le intenzioni del primo marito di Anica, padre di tre figli».
«Vogliamo capire cos’è successo - dice l’avvocato Stefano Tigani, che tutela madre e famigliari di Anica - e la situazione è a dir poco pesante. Lasciamo che gli investigatori facciano la loro parte, lasciandoli lavorare in tranquillità».
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