Omicidio di Spresiano. Il killer potrebbe aver commesso un errore. Caccia al suo Dna sui vestiti della vittima
Ai raggi X l’abbigliamento indossato da Anica al momento del ritrovamento del cadavere. Tabulati telefonici al tappeto
Marco Filippi
Caccia al Dna dell’assassino sui vestiti che Anica Panfile indossava al momento del ritrovamento del suo corpo in un’ansa del Piave a Spresiano. Non lasciano nulla d’intentato gli investigatori che stanno indagando sulla morte della cuoca rumena di 31 anni, madre di quattro figli, che lavorava alla casa di riposo di Santa Bona.
I vestiti sono ora oggetto di indagini di laboratorio. Perché se è vero che non sono stati riscontrati evidenti segni di violenza nella zona genitale della vittima, è anche vero che l’assassino potrebbe aver fatto qualche errore nel momento in cui ha tentato di disfarsi del cadavere di Anica, gettandolo nel canale che confluisce nel Piave dal ponticello di via Barcador a Visnadello.
Gocce di sudore, qualche micro particella di Dna, una contaminazione di qualche sorta nel bagagliaio del mezzo con cui è stato trasportato il cadavere. Oramai la cronaca degli ultimi anni insegna che nei laboratori si possono fare miracoli ed è quello che sperano anche gli inquirenti.
Un recente caso di duplice omicidio, proprio in provincia di Treviso, permise di associare all’assassino (condannato in via definitiva all’ergastolo) dei piccoli frammenti di pelle trovati sotto un’unghia di una delle vittime, anche se, va detto, la fondatezza delle analisi fu fortemente contestata dalla difesa.
Gli investigatori dell’Arma sono in una fase decisiva delle indagini. Siamo agli accertamenti tecnici, in cui l’incrocio dei dati diventa fondamentale.
Anche se il cellulare di Anica Panfile non si trova, conoscendone il numero i carabinieri sono comunque in grado di capire gli spostamenti tra Arcade e Spresiano dalle varie celle telefoniche attivate nei ripetitori.
E anche dalle telecamere potrebbe arrivare un a grossa mano. Buona parte degli accesso al Piave, tra Arcade e Spresiano, sono controllati dalle telecamere comunali. Se l’assassino non è del luogo, potrebbe aver fatto un grave errore, facendo filmare la targa del proprio mezzo mentre trasportava il cadavere, rinchiuso nel bagagliaio, verso il corso del Piave.
Nel frattempo si continuano a sentire testimoni e persone utili alle indagini. I carabinieri hanno già scoltato il compagno Luigino De Biase e tutti i familiari di Anica.
Tra i testimoni, anche Franco Battaggia, il re del pesce, titolare della pescheria il “Tiburon” di Spresiano che ha visto per ultimo Anica giovedì pomeriggio, prima che scomparisse nel nulla. La giovane donna aveva lavorato per la pescheria di Battaggia ed era andata a ritirare il Cud ad Arcade dove vive appunto l’imprenditore con alle spalle anche un omicidio di un Rom che lo voleva taglieggiare.
Doverose le verifiche se l’ex marito della vittima, attualmente in Romania, si trovasse in Italia nei giorni della scomparsa di Anica. Ma gli investigatori dicono: «Non ci sono evidenze in tal senso».
I commenti dei lettori