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La baby gang che “giustiziava” persone adescate on line: spuntano altri due casi di uomini rapiti e torturati

Le indagini dopo il blitz dei carabinieri a Vedelago lo scorso febbraio e l’arresto di tre giovani: altre persone hanno denunciato di essere state vittime del gruppo che agiva non per soldi ma con la volontà di punire

federico cipolla
Aggiornato alle 1 minuto di lettura

I carabinieri nel casolare dove avvenivano i sequestri

 

La baby gang di Vedelago aveva già rapito almeno altre due persone prima di essere scoperta. E’ quanto emerge dalla indagini coordinatore dal sostituto procuratore Barbara Sabattini sul caso del sequestro di persona avvenuto a febbraio a Vedelago, ai danni di un 48enne adescato attraverso una chat.

Una volta arrestati tre ragazzi, un 20enne, un 19enne (con alcuni problemi di salute, e sottoposto a perizia psichiatrica) e un quindicenne, infatti in Procura si sono fatte avanti altre persone che hanno riferito di aver subito lo stesso trattamento. In due, in particolare, hanno già formalizzato le loro denunce, e a quanto si apprende altre sarebbero in arrivo. Gli inquirenti hanno anche eseguito delle verifiche sui cellulari dei ragazzi della gang, già trovando riscontri su altri casi. A quanto emerso i ragazzi non era interessati al denaro, ma a fare da “giustizieri” e punire le loro vittime.

Il modus operandi sarebbe stato sempre lo stesso: l’adescamento in chat, l’appuntamento nel casolare, e poi il sequestro e la violenza, a colpi di pugni e di taser. Il piano dei tre giovani – per il sequestro che ha portato all’arresto, era iniziato con il 48enne ha conosciuto uno dei ragazzi – il 15enne, ma non è nota quale età abbia detto di avere – su una piattaforma social per incontri. Dopo qualche scambio di messaggi sulla chat privata i due si accordano di incontrarsi il sabato successivo in una casa abbandonata di via Marconi a Vedelago.

Ma quanto l’uomo arriva nel casolare, scatta l’agguato. Il 48enne viene trascinato nel piano interrato, dove dopo avergli sottratto il portafoglio con 60 euro ed essersi fatti dare la tessera bancomat con il Pin, gli legano mani e piedi, gli chiudono la bocca con nastro adesivo e lo tengono a bada sotto la minaccia di un coltello e di un taser. Mentre in due controllano l’ostaggio, il terzo esce in bicicletta per prelevare il denaro dal bancomat del cinquantenne.

Ed così che viene notato dai carabinieri di Castelfranco, che lo fermano e capiscono che ha qualcosa da nascondere. Con l’aiuto di un’altra pattuglia entrano nel casolare e trovano, nel piano interrato, l’ostaggio legato e i due “carcerieri”, uno dei quali seduto sopra per immobilizzarlo ulteriormente.

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