Addio Annita Buosi, vittima di Unabomber ferita dallo scoppio in cimitero a Motta
La donna riportò lesioni gravissime al volto e alle mani per l’esplosione di un lumino nel 2001. È morta a 85 anni, non ha mai dimenticato quel giorno e lo aveva raccontato anche di recente
Gloria Girardini
Si è spenta ieri a 85 anni Annita Buosi, vittima oltre vent’anni fa della follia di Unabomber. Originaria di Motta di Livenza, in gioventù si era trasferita a Milano dove aveva lavorato nella casa di moda Luisa Spagnoli. Raggiunta la pensione, Annita era tornata nel suo paese natio nel 1994, dedicandosi al volontariato e prendendosi cura del cimitero di San Giovanni.
Il bombarolo
Proprio nell’anno del ritorno di Annita nel Mottense iniziarono i primi attentati dell’Unabomber italiano, nomignolo che deriva dall’acronimo dato dal FBI al bombarolo Theodore Kaczynski che inviava pacchi bomba alle università e alle compagnie aeree, un’attività iniziata negli anni ’70 e proseguita fino all’arresto nel ’95, con un bilancio di tre vittime e 23 feriti.
L’esplosione
Il pomeriggio del 2 novembre del 2001 Annita era stata incaricata dai frati di distribuire dei lumini bianchi per la festa dei morti sulle tombe che non ne possedevano.
La 64enne, all’epoca, aveva notato un cero votivo di color rosso rovesciato nella tomba di famiglia dei benefattori mottensi Ada e Antonio Giacomini; una volta sollevato, questo era deflagrato tramite un congegno meccanico a molla, spappolandole la mano e ferendola gravemente al volto e all’occhio.
Annita aveva avuto la forza di trascinarsi per una ventina di metri chiedendo aiuto, in quel momento monsignor Roberto Tubiana stava celebrando messa nella chiesa a pochi passi dal camposanto. Il primo a soccorrerla è stato Luciano Donadon.
La bomba era stata riempita di chiodi e bulloni per aumentarne la letalità, l’esplosione causò la perdita di tre dita, fortunatamente l’equipe chirurgica di Padova riuscì a salvare l’occhio.
Le ferite ancora fresche
Una terribile esperienza che ha segnato profondamente Annita Buosi, una ferita emotiva che non si è mai rimarginata.
«È stato uno scoppio violentissimo, mi sono trovata con un forte dolore all’occhio e la mano spappolata. Ho lavorato tanto nella mia vita, era da qualche anno che ero tranquilla e ho dovuto ricominciare», così ha ricordato l’evento pochi mesi fa al giornalista Marco Maisano, autore del podcast del Gruppo Gedi “Fantasma-Il caso Unabomber” che ripercorre gli attentati che hanno terrorizzato il Nordest dal 1994 al 2006.
Un’inchiesta che ha permesso la riapertura delle indagini grazie anche alla riscoperta di alcuni reperti che erano stati archiviati e che potrebbero contenere il Dna di Unabomber. Sono stati 31 gli ordigni realizzati e nove le persone ferite gravemente, fortunatamente non ci sono stati morti.
I risarcimenti
Lo Stato nel 2007 aveva emesso un decreto per il risarcimento delle vittime di Unabomber, che nel Trevigiano erano state quattro: Greta Momesso di Motta di Livenza era rimasta vittima nel 2005 della follia di Unabomber, a soli sei anni, ferita alle mani da un cero manomesso nel duomo di Motta; Francesca Girardi, all’epoca nove anni, di Oderzo, venne ferita a un occhio e alla mano destra dallo scoppio di un pennarello sul greto del Piave il 25 aprile 2003; la mottense Annita Buosi e Nadia Ros di Cordignano, che il 7 novembre 2001, aprendo un tubetto di pomodoro venne investita da un’esplosione che le provocò la perdita della mano sinistra.
L’addio
Annita lascia i nipoti Paolo, Lucia, Angelo, Daniela, Giorgio e i pronipoti Giulia, Martina e Francesca. L’ultimo saluto si terrà venerdì alle 17.30 nel Duomo di San Nicolò di Motta di Livenza.
Dopo la cerimonia il feretro proseguirà per la cremazione. La tumulazione delle ceneri avverrà mercoledì 31 maggio nel cimitero di San Giovanni. Una vita segnata da quella tragica esperienza, la sua, un ricordo indelebile che l’ha accompagnata in questi lunghi anni da quel giorno del 2001.
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