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Tumori, diritto all’oblio per 30 mila trevigiani guariti: «Fine delle discriminazioni»

Sta per decadere l’obbligo di indicare la patologia nei documenti ufficiali. Gava (Lilt): «Continuare a garantire le esenzioni»

Valentina Calzavara
2 minuti di lettura

A sinistra l’ultima edizione della Treviso in Rosa, manifestazione podistica di sensibilizzazione per la prevenzione oncologica. A destra il dottor Alessandro Gava

 

Il diritto all’oblio per le persone guarite dal tumore da almeno dieci anni. In Italia si lavora a una legge che tocca da vicino oltre 30 mila trevigiani che hanno superato il cancro e hanno trascorso almeno un decennio senza ricadute dalla fine delle terapie.

La norma consentirebbe infatti ai soggetti interessati il diritto di vedere “dimenticata” la propria patologia, facendo decadere l’obbligo di indicarla nei documenti ufficiali, dalla stipula di una polizza sanitaria, all’accensione di un mutuo bancario, dalla partecipazione a un concorso pubblico, fino alla domanda di adozione di un minore.

L’analisi dell’esperto

«Ben venga a tutti gli strumenti che fanno in modo che la diagnosi di tumore non rappresenti una discriminazione, a maggior ragione per la popolazione più giovane, in età attiva e lavorativa che a causa di precariato e incertezza economica può essere la più esposta, sia all’esordio della patologia, sia negli anni a venire» sottolinea il dottor Alessandro Gava, radiologo e presidente dell’associazione Lilt di Treviso, tracciando una panoramica dello stato dell’arte. Molto c’è ancora da fare, ma molto è già cambiato in termini di risposta, sensibilità e percezione quando si parla di tumore, tanti passi in avanti sono stati fatti rispetto al tempo in cui il cancro non si nominava neppure, preferendo un generico “brutto male”.

I progressi della medicina

«Il 50% dei tumori oggi nel nostro Paese riguardano prostata, mammella, colon retto, polmone e vescica. Il tumore non deve rappresentare un handicap o una discriminazione, prova ne è il fatto che oggi se ne parla molto di più che in passato: penso soprattutto alla neoplasia della mammella che viene raccontata anche sui mass media, la percezione verso questo tipo di diagnosi è cambiato in meglio» aggiunge l’esperto.

La legge sull’oblio, vista con favore dal ministero della Salute e da tutte le forze politiche del Paese, già esiste in altri stati: Francia, Portogallo, Paesi Bassi, Lussemburgo, solo per citarne alcuni.

«Effettivamente, dieci anni sono un lasso temporale molto ampio per assicurarsi che il soggetto non abbia una recidiva, ad esempio per il cancro al polmone» rileva Gava «senza dimenticare i progressi che la scienza e la medicina hanno fatto per migliorare il trattamento dei pazienti e la loro aspettativa di vita».

L’invito però è a non considerare «la patologia neoplastica come un’unica malattia, ma piuttosto come un insieme di patologie che hanno prognosi e decorsi molto differenti tra loro in base a tanti fattori, dalla tempestività della diagnosi al distretto colpito, dai trattamenti a disposizione, alla risposta del paziente alle cure».

L’appello al legislatore

Per questo l’appello del presidente della Lilt trevigiana al legislatore è a non dimenticare l’aspetto della prevenzione nel lungo termine. «È importante che accanto alla legge sull’oblio si continui a garantire l’esenzione dal pagamento del ticket per i controlli periodici di chi ha avuto la neoplasia. Pazienti fragili, anziani o con problematiche economiche devono continuare ad avere questo vantaggio, pur tutelando il diritto alla privacy».

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