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Truffa del bonus facciate, commercialista di Ponte di Piave ai domiciliari

Raggiro allo Stato con gli incentivi fiscali, Giorgio Scarso indagato anche a Verona: scatta la misura restrittiva

Federico Cipolla
2 minuti di lettura
Una parte del materiale posto sotto sequestro dalla Finanza e dai carabinieri: denaro, oro, orologi e auto di lusso 

Dopo le truffe messe in atto attraverso il bonus facciate nel Trevigiano e in provincia di Monza e Brianza, ora una nuova inchiesta della Guardia di finanza di Verona coinvolge il commercialista di Ponte di Piave Giorgio Scarso. E questa volta per lui sono scattati gli arresti domiciliari. Il gip, al contrario dei casi precedenti, su richiesta della Procura scaligera ha ritenuto la condotta di Scarso sufficientemente grave e provata da far scattare una misura cautelare restrittiva. Marted’ 23 maggio pomeriggio i finanzieri erano nel suo studio per le perquisizioni.

Come avveniva la truffa

Il metodo è lo stesso già scoperto in precedenza: i cantieri del bonus facciata venivano “intestati” a persone che nulla sapevano, e non sempre avevano diritti sugli immobili. Venivano fittiziamente dichiarati conclusi – prima dei correttivi non serviva alcuna asseverazione – e quindi generavano un credito fiscale che veniva poi monetizzato dalle imprese attraverso la cessione a banche e istituti (tra cui Poste Italiane, che è parte offesa nel procedimento). Le dichiarazioni all’Agenzia delle entrate anche in questo filone venivano fatte dal commercialista di Ponte di Piave, che, secondo la Procura di Verona, faceva parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato. I crediti fiscali fittizi inoltre venivano riciclati acquisendo attività sul Lago di Garda.

Gli altri arrestati

Scarso non è stato l’unico destinatario di misure restrittive. I finanzieri dei comandi provinciali di Verona e Agrigento hanno eseguito fin dalle prime ore del 23 maggio – in Veneto, Lazio, Piemonte e Sicilia – un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di dieci persone, tre dei quali condotti in carcere e sette agli arresti domiciliari (tra cui Scarso), mettendo i sigilli anche a conti correnti, autovetture, immobili nonché a una società, a un hotel, a due pasticcerie, a due ristoranti e ad un locale sul lago di Garda.

L’associazione a delinquere aveva base a Peschiera del Garda (Verona) e nell’area bresciana del lago, dove gli indagati, di origine siciliana, calabrese, campana e albanese – avvalendosi del commercialista trevigiano – dopo aver monetizzato, attraverso la cessione a Poste Italiane Spa, circa 5 milioni di crediti d’imposta fittizi provenienti dal “bonus facciate”, avevano reinvestito e riciclato i proventi acquistando locali turistici e commerciali sul lago.

I 12 coinvolti, alcuni operavano in Spagna, sono indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio.

L’indagine

Tutto nasce dalle Fiamme gialle agrigentine avevano intercettato alcune conversazioni telefoniche con oggetto transazioni finanziarie collegate alla cessione di crediti fiscali provenienti da bonus edilizi. Gli approfondimenti successivi hanno svelato un articolato meccanismo fraudolento che si estendeva ben oltre i confini siciliani e che stava inquinando l’economia del territorio scaligero. Le investigazioni hanno infine permesso ai finanzieri e ai carabinieri veronesi di portare a piena luce il meccanismo delle truffa, che ha visto il gruppo creare ad arte i presupposti per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate di oltre 17 milioni di crediti d’imposta inesistenti

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