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Lavoro a Treviso, tra cervelli in fuga e dimissioni. Visentin (Cgil): «Tempo di vita e di lavoro, il loro equilibrio sfida di ogni azienda»

Mauro Visentin (Cgil) ospite al forum sul lavoro della tribuna di Treviso 

Mauro Visentin, segretario Cgil Treviso, analizza lo stato di salute dell’occupazione. «Il tempo indeterminato è soltanto uno dei fattori che trasmettono sicurezza»

Andrea De Polo e Lorenza Rafaello
Aggiornato alle 5 minuti di lettura

Una provincia con più “cervelli in fuga” rispetto alla media nazionale, con il record di dimissioni volontarie, in cui i titolari d’azienda invecchiano senza ricambio generazionale. Una provincia in cui la mancata corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro vive l’assurda contraddizione del sistema “Gol”, che dopo aver sottoposto i candidati a un’odissea burocratica non riesce ad abbinare il lavoratore a un corso di riqualificazione. «È un intero sistema che non funziona, e la politica ha le sue responsabilità» commenta Mauro Visentin, segretario generale Cgil Treviso, ospite del forum in Tribuna martedì. «Abbiamo trattato il lavoro come una merce, quando dovevamo ricordarci che è un valore».


La incontriamo a pochi giorni dal Congresso Nazionale Cgil, dove vi siete confrontati anche con la premier Meloni. Com’è andata?
 

«Sono stati quattro giorni pieni, è stato interessante l’incontro con la presidente del consiglio: mi ha rassicurato perché ha detto che siamo quanto di più distante c’è in natura, quindi siamo dalla parte giusta».
 

Occupazione a Treviso, l'analisi di Visentin (Cgil) : "Il lavoro è un valore, non una merce"

Una fotografia del momento attuale: il 2022 è stato un anno di crisi eppure è l’anno con meno fallimenti di sempre in provincia di Treviso. Come stanno, davvero, le nostre aziende?
 

«Secondo me oggi le imprese stanno abbastanza bene. Un po’ tutti ci aspettavamo situazione di difficoltà dovuta a mancanza di materie prime, guerra, Covid, aumento dei costi. Ci eravamo preparati a un quadro di difficoltà acuta, ma questa non si è verificata: le imprese hanno saputo navigare in situazioni di effettiva indecifrabilità su cosa poteva succedere. Era stata aperta tanta cassa integrazione in via preventiva, ma in molti casi non è stata usata. Qualcuno certamente ha ridotto i margini, ma allora vuol dire che i margini c’erano. Il tema semmai sono i salari e la capacità di mantenere il potere d’acquisto».
 

Tra i problemi principali del mercato del lavoro, la difficoltà di abbinare domanda e offerta. Dipende dalla cattiva formazione scolastica, come dicono gli imprenditori, o dalle pessime condizioni salariali offerte dalle aziende, come dicono i candidati?
 

«È vero, mancano alcune figure professionali, ma le figure professionali si costruiscono con la fidelizzazione dentro le aziende. I professionisti non si comprano al supermercato, ai lavoratori va data una prospettiva perché smettano di guardarsi attorno. Senza uno stipendio adeguato, un contratto stabile, la possibilità di gestire la vita familiare, si fanno altre scelte. Questo è il vero nodo. È cambiata la società, e sono cambiate le esigenze. Conciliare i tempi di vita e lavoro è fondamentale. Se il lavoro è una merce e non un valore in cui mi posso riconoscere, allora posso cambiare e andare da un’altra parte, dove riesco a gestire meglio il mio tempo o portare a casa qualcosa in più. Ai lavoratori va trasmesso un senso di sicurezza di cui il tempo indeterminato è soltanto uno dei fattori. Il tema dei prossimi anni, per esempio, sarà la gestione dei tempi di vita e di lavoro».


 

Tempi di vita, stipendio, prospettive di crescita, flessibilità sono le risposte chiave che danno i giovani laureati che vanno all’estero. Queste risposte non le trovano in un’altra azienda, ma non le trovano nemmeno in Veneto: allora è un problema di sistema, come si risolve?
 

«Si risolve investendo sui servizi, se uno si sposta in Emila-Romagna per esempio trova gli asili nido e le scuole a tempo pieno, una serie di risposte che qui non ci sono perché abbiamo costruito un micro-sistema economico diverso, che non tiene conto delle necessità delle persone. Un sistema che ha monetizzato tante cose, ma ora non tiene più. E l’altro aspetto è che manca la politica: non ha governato nulla. La vocazione del territorio è stata lasciata all’impronta del “chi fa meglio”, lo si è fatto con l’industria e il Prosecco, senza un disegno organico o sostenibile. È successo con le mille zone industriali dei “vuoti a perdere”. Non c’è una visione, o se c’è, non si capisce».
 

Un altro dato sui giovani: sono sempre di meno quelli titolari d’azienda. Crescono soltanto i titolari over 50. Come si inverte il trend?
 

«Quello della seconda generazione è un tema che genera forte preoccupazione, significa che non hai costruito, o hai costruito male la continuità aziendale. Perché un giovane dovrebbe investire se l’accesso al credito è difficile, se manca un disegno complessivo del territorio, se aprire un’attività è oltremodo complicato? Magari chi ha un’idea la porta da qualche altra parte. Una trentina d’anni fa c’era la voglia di mettersi in gioco, oggi siamo in una società in cui è stato consumato tutto. Adesso è più difficile. Non è colpa dei giovani ma di una società che rende tutto più complicato».
 

Dimissioni volontarie: ogni giorno, in provincia di Treviso, si licenziano oltre 100 lavoratori. Per quali motivi, secondo il sindacato? Riescono, questi dimissionari, a tornare subito nel mercato del lavoro?
 

«La maggior parte di loro, quando lo fa, ha già un impiego in tasca. C’è una forte mobilità, ma non ho mai visto, o poche volte, qualcuno che si dimette e poi è senza lavoro. Potrebbe succedere solo in condizioni particolari, ma il mercato attuale permette di lasciare un luogo avendo già un’alternativa».
 

Su questo si innestano i problemi del progetto GOL: la riqualificazione dei disoccupati procede a rilento, l’algoritmo non abbina i corsi alle persone giuste, i codici arrivano in ritardo. Come giudica, il sindacato, il nuovo strumento?
 

«Sì, abbiamo diverse segnalazioni e lo abbiamo fatto presente, ci sarà una riunione con la Regione. C’è poca attenzione per il patrimonio pubblico, si prediligono altre strade per la gestione del mercato del lavoro, come le agenzie interinali».
 

Il clic day per l’assunzione di lavoratori extracomunitari è andato in overbooking, le richieste delle aziende sono il triplo rispetto a quelle consentite dai flussi: come si può intervenire?
 

«Nella nostra provincia erano attesi 6 mila ingressi a fronte di 20 mila richieste. La popolazione è sempre più anziana e le aziende hanno bisogno di lavorare, servono lavoratori che arrivano da altri luoghi, si mettono in regola, vanno accolti e formati. I loro contributi servirà a pagare le pensioni a chi è a casa. Va allargato il numero degli ingressi».
 

Torniamo al confronto avuto con Meloni al Congresso: la riforma del fisco al vaglio del governo premia solo i ricchi?
 

«Siamo quanto più distanti dalla proposta del governo. Le proiezioni dicono che non risolverebbe il problema e allargherebbe la forbice tra ricchi e poveri. Invece serve una ridistribuzione equa delle risorse».
A proposito di forbice salariale: le donne guadagnano sempre meno degli uomini e hanno meno possibilità di carriera, perché?
«Interrompono di più la carriera lavorativa, hanno meno scatti di anzianità, utilizzano di più il part-time, se devono fare un sacrificio per i figli o i genitori, spesso lo fanno al posto degli uomini e l’azienda non garantisce loro una prospettiva. Invece vanno messe sullo stesso piano degli uomini. Perché la maternità, per esempio, è obbligatoria solo per le donne? Così la carriera la farà sempre chi è disponibile a stare al lavoro a scapito della vita privata. Va cambiata l’impostazione della società e di ogni azienda».

Il caso del programma “Gol”

Tempi lunghi e ostacoli per riqualificarsi: «Poca attenzione al patrimonio pubblico»

«Le aziende trevigiane non si fidano degli strumenti offerti dal pubblico, preferendo pagare le commissioni ad una classica agenzia per il lavoro». È questa la prima ragione, secondo Mauro Visentin, segretario provinciale Cgil Treviso, per cui il “Programma Gol”, acronimo di “Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori”, nato pochi mesi fa al posto dell’Assegno per il Lavoro, non sta funzionando a dovere.

Cosa sta succedendo

Allo stato attuale, sembrerebbe infatti che chi volesse iscriversi ed entrare nei percorsi di formazione qualificata, al fine di un successivo inserimento lavorativo, debba fare i conti con tempi lunghi, ritardi, codici che non arrivano e quando arrivano poi non portano a nulla, perché capita spesso che i corsi, tanto ambiti dai candidati, alla fine non partano. E quindi, ancora una volta, si ripete l’annosa questione: chi è disponibile a farsi assumere non solo non viene intercettato dalle aziende, ma non vede neanche realizzarsi la possibilità di usufruire di quei corsi di formazione. «Il meccanismo si inceppa perché si crede poco al sistema pubblico e questo è un peccato - afferma il segretario - le banche dati del sistema sono aggiornate e fornite, all’interno si può trovare il quadro complessivo di tutti quei lavoratori che chiedono di ricollocarsi». Un’occasione sprecata da parte delle aziende che secondo la visione di Visentin non hanno compreso le potenzialità di un sistema ancora claudicante, ma non per questo non valido: «Bisognerebbe intervenire per dare più disponibilità nel migliorare l’incrocio domanda e offerta potenziandolo più che lamentarsi del fatto che non funzioni»

Interesse diffuso

L’osservatorio del sindacato sta monitorando la situazione: «Riceviamo quotidianamente segnalazioni al riguardo, abbiamo ben presente la situazione e a giorni ci sarà una riunione con la Regione per capire come riusciremo a invertire la rotta e a portare a casa i risultati promettenti che avevamo tutti programmato». Nonostante tutto, l’interesse da parte dei candidati continua a esserci: una vasta platea di trevigiani preme per riqualificarsi, formarsi, rientrare nel mondo del lavoro. La domanda allora si ripresenta: perché le aziende non approfittano di questo strumento? «Credo che sia una questione di poca attenzione al patrimonio pubblico, che viene considerato come qualcosa di immobile e sorpassato. Si prediligono invece altre strade per la gestione del mercato del lavoro, come le classiche agenzie interinali». Mauro Visentin fa un appello agli imprenditori: «Prima di buttare via un meccanismo, proverei a sistemarlo. È un servizio pubblico che se ben oliato potrebbe dare delle risposte importanti. Significa poter dare una svolta nel mercato del lavoro e ne gioverebbero tutte le parti». 

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