Panifici, nella Marca mancano panificatori e commessi. Gli esperti: ecco perché e le soluzioni
Nei prossimi cinque anni saranno liberi 1500 posti di lavoro ma gli addetti non si trovano. Ne abbiamo parlato con i responsabili della categoria che dicono: «Dai ragazzi domande legittime»
Lorenza Raffaello
Giovani panificatori alle festa della fugassa trevigiana (Fotofilm)
Panifici, mancano fornai e commessi: nella Marca 1.500 posti di lavoro nei prossimi 5 anni
Ad oggi in provincia di Treviso mancano all’appello 100 panificatori e secondo le stime nei prossimi 5 anni resteranno vacanti 1.500 posti di lavoro, tra fornai e commessi addetti alla vendita. Tutta colpa dell’inverno demografico e di una professione che, tra turni notturni e festivi e la tanta manualità richiesta, ha sempre meno appeal sulle giovani generazioni.
I panificatori fanno i conti con tutto questo e, nelle giornate della Festa del Pane promosse dal Gruppo panificatori della Confcommercio Treviso che si stanno svolgendo sabato e domenica sotto la Loggia dei Cavalieri, individuano nella riorganizzazione del lavoro nel panificio, nel dialogo tra le parti e nella promozione del mestiere le soluzioni pratiche affinché la Marca, nonostante tutto, possa continuare a mettere sulla tavola il pane quotidiano.
Mancano panificatori nella Marca. Bosco: "Siamo invecchiando e siamo sempre meno"
Bosco: «Stiamo invecchiando»
«La situazione è che stiamo invecchiando, l’età media dei nostri associati ora si aggira tra i 55 e i 60 anni. Mancano non solo i fornai, ma anche chi vende e concretizza il nostro lavoro – spiega Tiziano Bosco, presidente del Gruppo panificatori Confcommercio della provincia di Treviso – stiamo facendo i conti con la mancanza dei giovani e la poca disponibilità a riconvertirsi degli over 50 provenienti da altri settori. In realtà il lavoro grazie ai turni e alla tecnologia sta cambiando, sta diventando meno pesante pur continuando a essere un lavoro di servizio. Si lavora ancora di notte, in laboratorio, ma i ritmi sono diversi».
Bosco aggiunge anche che se fino a poco tempo fa le famiglie acquistavano fino a 1 chilo di pane al giorno, ora i consumi si sono ridotti notevolmente, arrivando a 120 grammi a famiglia al giorno. Due panini, per intenderci.
Il panificio come luogo di ritrovo e bar
Le famiglie hanno abbandonato il pane comune per preferire un tipo di pane salutare realizzato con farine ai cereali o speciali. In questo cambio di prospettiva, si modifica anche l’assetto del panificio stesso: ora il forno è anche una caffetteria o un luogo dove poter consumare pranzi veloci e trovare prodotti in linea con i nuovi stili di vita.
Da qui la richiesta di nuove figure da inserire all’interno: se la proporzione tra chi stava in laboratorio e chi si occupava della vendita fino a pochi anni fa era 7 a 3, ora i numeri si sono capovolti, servono molti più addetti al front-office.
«Mancano anche le figure dedicate alla vendita con una buona predisposizione alle relazioni – continua Bosco – si tratta di un ambito che offre lavoro in orari diurni e dove il part-time è possibile e sostenibile. Mi appello ai giovani, perché provino a sperimentare questo lavoro che prima di tutto è arte e passione».
Sempre meno panificatori. Della Longa: "Dai ragazzi domande legittime. Ecco le risposte"
Dalla Longa: «Le richieste dei ragazzi? Sono legittime»
Per contrastare la carenza di giovani interessati ad entrare nel settore si è mosso Carlo Dalla Longa, panificatore e docente della scuola professionale Engim di Oderzo: «I ragazzi oggi fanno tre domande fondamentali e legittime: a quanto ammonta lo stipendio, la quantità di tempo libero e il periodo di vacanza. Sono i fondamentali dello stile di vita che oggi teniamo. Ci sono aziende che stanno impostando il lavoro su turni, sulla rotazione giornaliera, che offrono part-time, altre anche che danno l’incentivo del pagamento. Queste aziende generalmente hanno meno difficoltà a reperire ragazzi da inserire».
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