Vino allungato col marchio Dop, perquisizioni in cinque aziende in provincia di Treviso
Indagine della Procura di Udine: trenta cantine e ditte di trasporto coinvolte. Dichiarate cisterne piene di prodotto certificato, ma c’era lo spazio per “l’aiutino”
federico cipolla
Venduto come Doc ma allungato con altro vino di minore qualità. Trasportatori complici che dichiarano quantità diverse da quanto effettivamente contenuto nelle cisterne. È questo il quadro tratteggiato dall’indagine dell’ispettorato Repressione Frodi di Udine e dai carabinieri del Nas di Udine, che ha coinvolto anche cinque aziende del Trevigiano, tra cantine e aziende di trasporto. In tutto sono state una trentine le sedi (tra cantine, aziende agricole, abitazioni e ditte di trasporto), situate nelle province di Udine, Pordenone, Gorizia e Treviso sottoposte a perquisizione da parte dei funzionari dell'ispettorato e dal Nucleo Antisofisticazione e Sanità dei carabinieri friulani per la sospetta frode sul vino.
Gli accertamenti, disposti dalla Procura della Repubblica di Udine, sono volti ad acquisire prove di una frode, messa in atto in particolare da una cantina della provincia di Udine. Secondo gli inquirenti sarebbe stata prodotta e poi immessa in commercio una grande quantità di vini che sono stati qualificati con diverse denominazioni d’origine, senza però che ne rispettassero il disciplinare. Si tratta - chiarisce la nota diffusa ieri dalla Procura di Udine - comunque di prodotti non pericolosi per la salute dei consumatori. L’ipotesi investigativa è che tali vini siano stati ottenuti in parte con uve prodotte oltre i limiti massimi di resa stabiliti dai disciplinari stessi e in parte costituiti da vini di varietà, qualità e provenienza diversa da quella dichiarata.
In altri termini: o venivano allungati, o non si rispettavano le quantità massime di produzione. Un sistema che l’ispettorato Repressioni Frodi e Nas sospettavano venisse messa in atto anche dalle attività controllate nella provincia di Treviso. Si tratta di aziende vinicole e di trasporto indipendenti, ma in collaborazione tra loro (nessun trevigiano al momento risulta denunciato). A quanto si apprende in particolare i trasportatoti forniva e portavano cisterne di vino falsificando le quantità all’interno. In alcuni casi le dichiaravano piene, quando invece all’interno c’era ancora spazio per poi allungare il vino.
L’attività, fanno sapere i Nas, comunque è tutt’altro che conclusa. L’indagine è ancora agli inizi.
Un copione comunque quello scoperto dalla Procura di Udine che non è nuovo. Nas e Ispettorato per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari di Conegliano (Icqrf) nel 2019 avevano sequestrato 300 mila ettolitri di vino stoccati in stabilimenti di Rauscedo e Codroipo e nei depositi in Friuli (Treppo Grande, Spilimbergo, San Quirino), Veneto (Trebaseleghe) e Trentino (Lavis). L’ipotesi era proprio che fossero state conferite uve non conformi ai disciplinari di produzione delle denominazioni protette.
Altro caso a Fossalta di Piave, un paio di anni fa, quando un’azienda è finita a processo con l’accusa di avere venduto come vino di qualitù un prodotto che invece era stato “sofisticato”.
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