In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Quarantenne di Riese perse 50 mila euro e si suicidò. A processo gli autori della truffa

Moris Sbrissa si tolse la vita dopo il “crac” di Amicopolis, il social che prometteva rendimenti altissimi

Fabio Poloni
2 minuti di lettura
Moris Sbrissa, si è tolto la vita dopo la truffa 

Promettevano rendimenti altissimi, fino al 13% mensile, investendo in una sorta di social network delle vendite, “Amicopolis”, che remunerava in base ai contenuti prodotti e alimentava un circuito di e-commerce.

La fiducia di Moris

Moris si era fidato – come altre centinaia di persone – e aveva deciso di investire una somma importante: cinquantamila euro. Quando il castello è crollato, con un’indagine per truffa che ha portato alla luce un classico schema Ponzi piramidale – nessun rendimento vero – Moris Sbrissa ha capito che quella somma consistente, frutto di anni di lavoro e sacrifici, era andata in fumo.

Aveva 41 anni quando ha deciso di togliersi la vita, un sabato di marzo del 2019, nella sua abitazione di Vallà. Ora i promotori di quel social network, Amicopolis, compariranno per la prima volta davanti a un giudice: il prossimo 4 aprile si terrà l’udienza preliminare per i nove indagati della vicenda. Truffa e riciclaggio sono le accuse delle quali saranno chiamati a rispondere.

Il dramma

«Una settimana prima del tragico gesto, Moris mi aveva detto che aveva in mente di farla finita. Ho cercato in tutti i modi di dissuaderlo, mettendomi in contatto con amici che informassero i familiari di questo pericolo che però, sono sincera, alla fine sembrava essersi allontanato dai suoi pensieri. Purtroppo non è stato così».

Con queste parole, dopo il tragico gesto di Moris, una sua amica aveva raccontato di aver saputo delle intenzioni del quarantunenne originario di Loria, che poi si era trasferito a Vallà di Riese.

Il turbamento per l’investimento finito in un buco nero ha progressivamente divorato Sbrissa, che si era sfogato anche su Facebook: «Ci sono persone che non hanno remore a distruggerti la vita per il loro tornaconto. Molti sanno cosa voglio dire». Nessun riferimento esplicito ad Amicopolis, ma chi gli era vicino, come l’amica, non ha mai avuto dubbi su cosa l’abbia spinto al suicidio.

Il processo

Associazione per delinquere finalizzata alla truffa per la promessa di «guadagni certi ma in realtà irrealizzabili», è ciò che si legge nel capo di imputazione a carico dei nove indagati.

Epicentro della vicenda – e luogo in cui si tiene il procedimento – è Caltanissetta, dove Amicopolis è nata e ha raccolto i primi investimenti, per poi espandersi in tutta Italia. Fu un caso nazionale – ne parlarono quotidiani e trasmissioni tivù, Iene comprese – con oltre trecento persone truffate per tre milioni di euro complessivi: ora sono sei i trevigiani che si costituiranno parte civile, assistiti dall’associazione Afue.

Nessuno potrà mai restituire Moris alla sua famiglia, così come nessuno può sapere quali terribili pensieri gli abbiano schiacciato l’anima negli ultimi giorni di vita, né quale peso abbia avuto in questo baratro la truffa di cui è stato vittima (non ci sono mai state ipotesi di reato di istigazione al suicidio). Ma è dal primo giorno che i genitori di Sbrissa chiedono chiarezza e giustizia, e si spera che questo possa essere l’inizio.

Il meccanismo

Il social, online dal febbraio del 2017, consentiva di acquistare pacchetti d’investimento – intermediazione non autorizzata – e con rendimenti fuori da ogni logica di mercato, oltre a vendere e comprare beni.

Lo stesso social prometteva grossi guadagni per gli utenti registrati, da realizzare sia attraverso la condivisione di immagini e video, sia attraverso la sola partecipazione attiva al social stesso (post, commenti e like). Ma le somme investite sono sparite nel nulla per centinaia di persone.

2

Articoli rimanenti

Accesso illimitato a tutti i contenuti del sito

1€ al mese per 3 mesi

Attiva Ora

Sblocca l’accesso illimitato a tutti i contenuti del sito

I commenti dei lettori