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A Treviso servono 20 mila lavoratori stranieri. Le imprese al Governo: aumentare i flussi

I numeri verso il “clic day” del 27 marzo. Pozza, Unioncamere: «Necessità urgente e procedura da semplificare»

Fabio Poloni
2 minuti di lettura

Più lavoratori stranieri, e con procedure più snelle per consentire il loro ingresso in Italia. La Marca delle imprese fa i conti di quanti potrebbero essere i lavoratori necessari a colmare i vuoti, in vista del “clic day” del 27 marzo per le richieste di regolarizzazione di lavoratori extracomunitari tramite il decreto flussi. In Italia i “posti” previsti dal Governo sono 82.705, ma si ragiona già di poter arrivare a un raddoppio, o quasi: secondo le stime, le imprese italiane avranno necessità di assumere fino a 500 mila lavoratori stranieri nel triennio 2023-25.

E in Veneto potrebbero essere quasi 150 mila solo quest’anno, dei quali circa ventimila in provincia di Treviso.

Di più e più velocemente

«Alcuni settori sono drammaticamente scoperti – commenta Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto e della Camera di commercio di Treviso e Belluno – penso a quello del turismo, per esempio: ho parlato poco fa con un’albergatrice, hanno carenze croniche».

Ai flussi le imprese chiedono soprattutto manodopera non specializzata? «I settori scoperti hanno bisogno di competenze base che si possono dare anche qui, con un periodo di formazione, o la si può fare anche nei Paesi d’origine», dice Pozza.

Le imprese trevigiane, dati Unioncamere, nel 2021 prevedevano l’ingresso di 11.500 lavoratori extracomunitari. Allargare i numeri è fondamentale? «Sì, non tutto si fa con la tecnologia, ci sono molti lavori a basso valore aggiunto scoperti. Ma dobbiamo lavorare su diversi fronti, compreso quello per mantenere qui nostri giovani, con salari e prospettive adeguati. Anche nella pubblica amministrazione. Stipendi più alti frenerebbero anche il continuo cambiamento e turnover, con fidelizzazione del dipendente».

Il “clic day” del 27 marzo rischia di lasciare imprese a secco? «Quello del clic day è un meccanismo che non ha mai portato esperienze positive, servirebbero strumenti più accessibili a tutti, sennò si avvantaggia chi è più strutturato a scapito delle piccole».

Richieste al Governo, oltre a quella di aumentare i flussi? «Che facciano presto: le imprese non riescono a dare il cambio a chi va in pensione, e la con denatalità il problema aumenta».

I settori

Il fabbisogno annuale di lavoratori extra Ue stimato dalle associazioni di categoria a livello nazionale tocca quota mezzo milione: 260 mila mancano all’appello nell’artigianato, poi si va dai 100 mila del settore agricolo ai 50 mila degli alberghi, passando per i 50 mila della ristorazione e per i 20 mila dell’autotrasporto, fino ai 17 mila delle costruzioni.

Stando ai numeri Unioncamere, nel 2021 il comparto dove si è registrato il fabbisogno di personale immigrato più consistente è quello dei servizi, che ha assorbito circa tre quarti degli ingressi di personale straniero previsti. A richiedere manodopera immigrata sono soprattutto trasporto, logistica e magazzinaggio. Tra i settori spiccano turismo e assistenza sociale e servizi sanitari privati. 

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