La tragedia sulla Pontebbana: «Quel piccolino respirava ancora, abbiamo iniziato a rianimarlo»
Un operaio e un camionista tra i soccorritori. Due addetti Mom hanno praticato il massaggio cardiaco
Marco Filippi
«Stavo camminando verso casa, quando all’improvviso ho sentito un botto. Mi sono girato e ho visto una macchina bianca schiantata contro un albero. Non c’ho pensato due volte a correre verso quell’auto per aiutare i passeggeri».
È ancora sotto choc Saif Uddin, un operaio bangladese di 34 anni che vive a Spresino, quando racconta quello che è successo. È lui la prima persona ad aver soccorso mamma Nicole e il piccolo Eduard. «Quella donna - racconta - gridava “Aiuto, aiuto”. Si trovava all’interno della macchina e l’ho aiutata ad uscire. Poi mi ha indicato il figlio, che era nel seggiolino, nel sedile posteriore, lato passeggero. Respirava ancora quel povero bambino aveva la testa reclinata in avanti. Poi sono arrivati altri due signori (due controllori della Mom, ndr) che hanno slacciato il piccolo e l’hanno rianimato».
Momenti drammatici quelli che sono seguiti. «Dopo dieci minuti di rianimazione - continua l’operaio asiatico che vive a Spresiano - ho avuto l’impressione che il bambino non respirasse più. Poi all’arrivo dei soccorritori del 118, mi sono fatto da parte ma quelle sono scene che non dimenticherò mai».
Un camionista rumeno Nucu Isac, che vive a Visnadello, vicino al luogo della tragedia, è accorso poco dopo lo schianto: «Sono arrivato un paio di minuti più tardi - spiega - ed ho tentato di staccare la batteria della macchina perché c’era del fumo che usciva. Ma il motore s’era praticamente disintegrato. Quella donna era disperata. Continuava a dire: “Ho avuto un colpo di sonno, ho avuto un colpo di sonno”. Sembrava quasi cercasse una giustificazione a quest’immane tragedia».
Il camionista s’è ferito a una mano mentre tentava di staccare la batteria. «Ancora sanguina - dice - ma quello che mi fa veramente male è quello che è appena accaduto. Penso proprio che sia stato un colpo di sonno a determinare la tragedia. La donna stava viaggiando in un rettilineo quando inspiegabilmente a scartato verso destra. Io che sono camionista lo so: se hai un colpo di sonno alla guida, inconsapevolmente schiacci l’acceleratore senza accorgertene. E questo spiega la velocità dell’auto e il fatto che il motore si sia letteralmente disintegrato».
Nella mente del camionista c’è soprattutto la disperazione della madre: «Piangeva ininterrottamente. Deve aver capito che non c’era più nulla da fare per il suo bimbo. So che due uomini si sono fermati ed hanno rianimato il bambino in attesa che arrivasse l’ambulanza».
Si tratta di due controllori della Mom che con l’auto dell’azienda stavano andando a Conegliano. I due dipendenti Mom hanno lavorato per estrarre il piccolo dall'abitacolo, uno dei due ha anche praticato il massaggio cardiaco. «Entrambi sono sotto choc», afferma il presidente di Mom, Giacomo Colladon. «Hanno fatto tutto il possibile, quello che è successo li ha lasciati sconvolti. Si tratta di Nicola Stefani e Luca Favaro, i loro sforzi sono stati encomiabili ma purtroppo non è bastato».
Anche loro non dimenticheranno mai le scene strazianti del piccolo, ferito gravemente, e deceduto poco dopo il suo ricovero all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso.
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