Raid con schianto mortale, il pm dispone una perizia sull’urto fatale a Piva: fu incidente o investimento volontario?
Riese, la Procura incarica un consulente per stabilire se Steve Quintino ha travolto di proposito il ciclista
Marco Filippi
Una perizia dinamica sull’incidente stradale, provocato il 1° ottobre scorso da Steve Quintino, che è costato la vita al pensionato di Loria Mario Piva. L’ha disposta la Procura della Repubblica di Treviso con ogni probabilità proprio per capire se vi sia stata una responsabilità colposa sull’incidente oppure se il 19enne di Riese, alla guida di un’Audi A4, sotratta ad una donna, abbia di proposito speronato il ciclista mentre pedalava con la moglie lungo via Marini a San Zenone in direzione di Asolo.
Stando a quanto è emerso nel corso delle indagini, Piva e la moglie pedalavano sulle rispettive biciclette in fila indiana con la donna che seguiva il marito a poca distanza. Se Quintino, che viaggiava nella loro stessa direzione e quindi proveniva da dietro la coppia di ciclisti, avesse perso per sbaglio il controllo del veicolo, avrebbe probabilmente investito prima la donna e poi il pensionato. Ma visto che la donna non è stata coinvolta, il sospetto è che il giovane, una volta superata la moglie della vittima, abbia intenzionalmente sterzato a destra per speronare il pensionato. Da qui, per provarlo, la necessità di una perizia dinamica.

Dopo essere stato caricato sul cofano dell’Audi A4, il pensionato poi è caduto sull’asfalto ed è stato trascinato dall’auto per alcuni metri, morendo sul colpo.
Uno dei quesiti che la Procura potrebbe fare al consulente è quello se Quintino abbia volontariamente investito il pensionato di Loria. Cosa che poi, in caso affermativo, potrebbe riqualificare il reato di omicidio stradale in quello di omicidio volontario.
Lo stesso giudice delle indagini preliminari, Piera De Stefani, aveva sollevato la questione, nelle motivazioni del rigetto della richiesta della difesa di trovare una soluzione alternativa al carcere per il diciannovenne di Riese. «Non si può in proposito - si legge nelle motivazioni - non evidenziarsi come le modalità del fatto (la guida spericolata di un’auto, senza patente di guida) appaiano compatibili con una modalità volontaria omicidiaria di Quintino, quantomeno in forma di dolo eventuale, la cui sussistenza dovrà essere approfondita nel prosieguo delle indagini, potendo comportare la riqualificazione del fatto in omicidio volontario».

Per il giudice, invece, l’accusa di tentato omicidio nei confronti dei due carabinieri è fondata in quanto Quintino s’è fiondato come un missile, a bordo della terza auto rapinata, una Ford Ka, contro la gazzella dei carabinieri, senza mai frenare. La pattuglia dei carabinieri occupava soltanto una corsia: Quintino avrebbe avuto tutto il tempo per evitare l’impatto imboccando l’altra corsia. Ma non lo fece.
La Ford Ka, sottolinea il giudice, si dirigeva a velocità elevata «senza incertezze, senza frenare ed anzi ulteriormente accelerando, contro la loro auto, collidendo violentemente contro la stessa, facendola capovolgere due o tre volte fino a fermarsi in posizione rovesciata... I testimoni oculari dell’accaduto confermavano che la Ford Kà si era diretta volontariamente contro l’auto di servizio dei carabinieri, avendo avuto a disposizione tutta la semicarreggiata di sinistra per evitare l’impatto contro la stessa».
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