Il parroco di Miane scrive all’ex premier Draghi: «Lei è vittima del suo stesso neoliberismo»
Lettera aperta di cinque pagine nel bollettino parrocchiale. Don Maurizio Dassié attacca anche i partiti che hanno “fatto santo” l’ex governatore della Bce e poi l’hanno scaricato
Francesco Dal Mas
Il parroco di Miane, don Maurizio Dassié
MIANE. Poteva mancare una “lettera aperta” di don Maurizio Dassié al presidente Draghi? A Miane tanti se l’aspettavano, così pure a Combai, Campea e Farrò, dove pure don Maurizio è parroco. I toni sono rispettosi, ma aspri. «Lei, senza desiderarlo e richiederlo, è il primo laico cattolico diventato “santo” in breve tempo e ancora vivente – ironizza il reverendo -, non attraverso l’iter burocratico della Congregazione per le Cause dei Santi, ma per volontà di una parte notevole del popolo che si è espresso attraverso il Verbo di loro rappresentanti accasati nel cosiddetto Parlamento della Repubblica Italiana». La lettera è affidata al foglio parrocchiale distribuito di settimana in settimana, la filippica è di cinque pagine. «Lei è come un “santino” agitato da migliaia o milioni di braccia come fanno i devoti della madonna di Lourdes o di padre Pio».
Dassié ricorda il detto “passata la festa gabbato lo santo”, che nel gergo politichese vuol dire: “usa e getta”. «Non si rattristi – passa alla consolazione il sacerdote -. “Usa e getta” fa parte dell’antropologia neoliberista alla quale, mi pare, anche lei aderisce. Io, invece, la combatto». Da prete, don Maurizio dà atto al Draghi “cattolico di vecchio stampo”, di praticare una morale della famiglia severa e coerente, ma – gli rileva – questo comportamento «si discosta dalla doppia morale tanto amata dalla maggioranza dei cattolici del nostro paese e dei loro “formatori”. Cattolici così devoti che, invece, mantengono per sé e forse per gli amici, un harem o haremino o haremuccio».
E a proposito di doppia etica, il parroco evoca quella mafiosa: «Molti mafiosi sono cattolici devoti e dichiarati. Pure essi custodiscono “santini”. E sono gli unici che usano o usavano organizzare processioni di santi e madonne, che con riconoscenza grande si inchinavano davanti a loro seduti sul terrazzo di casa a perenne gratitudine delle banconote appiccicate alle loro immagini. Ciò non accade più. Mancano le banconote o non ci sono più mafiosi?». Il prete entra poi nel merito della caduta del Governo Draghi indicando nome e cognome di chi ha provocato la crisi in nome della democrazia rappresentativa. «Non so dirle, però – precisa subito Dassié a Draghi -, se sia anche rappresentativa di una concezione etica, politica e sociale fondata sulla Costituzione o solo sulla somma matematica dei votanti».
E poi una domanda. «Mi chiedo: è dignitoso e rispettoso per noi chiamare “persone perbene” politici che hanno collezionato alte percentuali di assenza dal Parlamento a stipendio pieno? E che onorabilità possono avere quei politici che approvano leggi che poi rinnegano o vogliono abolite? Signor Presidente, Le chiedo: oltre il draghismo c’è altro? Non lo so. Però restano, sempre, gli italiani». Il parroco di Miane è noto per il suo impegno verso la custodia del Creato (quindi contrario ai pesticidi) e la pace. Conclude la lettera al premier con una dura critica sul commercio delle armi: «Signor Presidente, ho letto che la sua maggioranza ha approvato di recente una direttiva di Bruxelles sull’esenzione dell’Iva per le forniture militari ai Paesi della UE. La notizia è di quelle che meriterebbero quintali di inchiostro. Invece silenzio quasi di tomba. Dopo i pareri favorevoli delle Commissioni alla Camera, la Commissione Finanze del Senato ha approvato un decreto che prevede la vendita di armi e armamenti all’interno dell’Ue senza pagare l’Iva. Però le onlus – obietta il sacerdote - che acquistano generi di prima necessità per disagiati, poveri, emigranti e sfollati di guerra, l’Iva continuano a pagarla. È giusto? Per me e per i Cattolici che non sono fotocopie sbiadite e ammuffite, no. Questo indica militarismo, servilismo e indifferenza verso i poveri».
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