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Oltre 20 miliardi nei conti correnti trevigiani, un “tesorone” tra luci e ombre

Crescono i depositi ma 3 su 4 hanno meno di 12.500 euro. I risparmiatori preferiscono liquidità e strumenti a zero rischi

Fabio Poloni
2 minuti di lettura

TREVISO. Oltre venti miliardi di euro in soli depositi bancari e postali: è questo il valore del tesoretto (o tesorone) detenuto dalle famiglie trevigiane alla data del 31 marzo di quest’anno.

Per avere un’idea della cifra, attingendo dai conti correnti di tutti i trevigiani si potrebbero quasi costruire una decina di superstrade come la nuova Pedemontana veneta, costata circa 2,2 miliardi di euro, o coprire per quasi tre volte il fatturato delle prime dieci imprese della provincia di Treviso (sette miliardi). Considerando che la Marca ha poco meno di 900 mila abitanti, il dato pro capite mostra una liquidità media che sfiora i 23 mila euro per ciascun trevigiano.

Trend in crescita

Quello dei depositi bancari e del risparmio postale è un dato in continua crescita, nella Marca: ora ha toccato 20,3 miliardi di euro, e aveva visto sfondare quota 19 miliardi a cavallo tra il 2020 e il 2021 e 18 miliardi un anno prima. Secondo i numeri di Banca d’Italia e le stime di Prometeia, il reddito disponibile delle famiglie in Veneto è aumentato nel 2021 del 2,1% a prezzi costanti, in linea con l’Italia. I consumi sono cresciuti a prezzi costanti del +4,7% (+5,4% in Italia).

La crescita più intensa dei consumi rispetto al reddito si è riflessa in un calo della propensione al risparmio che comunque rimane su livelli elevati. Rimane elevata anche la preferenza per la liquidità, con un incremento appunto di quella detenuta in strumenti finanziari a basso rischio quali i depositi (+5,6%, a 104 miliardi complessivi in Veneto).

Secondo l’ultimo rapporto Bankitalia sull’economia della nostra regione, la flessione degli investimenti di famiglie e imprese in obbligazioni bancarie è proseguita nel 2021 e ad aprile 2022 la crescita dei depositi bancari è stata marcata (7,4 per cento) grazie all’incremento di quelli detenuti dalle imprese e dalle famiglie consumatrici (rispettivamente 12,4 e 5 per cento).

Il contesto

Certo, a leggere il dato sui depositi bancari può sembrare tutto rose e fiori, sul fronte dell’economia delle famiglie. Non è, ovviamente, così. La ripresa del reddito disponibile e dei consumi è stata frenata dalla seconda metà del 2021 dall’aumento dei prezzi, in particolare di quelli dei trasporti e delle utenze domestiche. Per via della diversa composizione della spesa, i rincari incidono sulle famiglie in misura diseguale, colpendo maggiormente i nuclei con livelli di consumo più bassi, sottolinea il rapporto di Banca d’Italia. La preferenza per la liquidità è rimasta elevata e ha contribuito alla crescita dei depositi bancari: più un segno di prudenza e scarsa fiducia, insomma, che di aumento della ricchezza reale. Di contro, l’indebitamento delle famiglie ha registrato un aumento connesso sia con la ripresa del credito al consumo, sia con la prosecuzione della crescita dei mutui per l’acquisto di abitazioni. Inoltre, secondo le informazioni riportate dagli oltre seimila nuclei familiari intervistati, nel 2020 il reddito annuo familiare, in termini reali e al netto di imposte sul reddito e contributi sociali, è stato superiore di circa il tre per cento rispetto a quello rilevato nell’indagine sul 2016 ma ancora inferiore di oltre il 12 per cento a quello registrato nel 2006, prima della crisi finanziaria globale.

Le medie

Altro aspetto da sottolineare: finora si è parlato di medie, ma analisi più di dettaglio evidenziano situazioni meno rosee. Circa tre correntisti su quattro, per esempio, hanno un deposito inferiore ai 12.500 euro, il 15,3% (dato nazionale) tra i 12.500 e i 50 mila euro, il 6,9% tra 50 e 250 mila, e solo lo 0,4% e lo 0,2% rispettivamente tra i 250 e i 500 mila o oltre.

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