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Il Piave è ormai ai minimi, i prelievi sono a rischio: «Saremo costretti a razionare l’acqua»

Si acuisce la siccità, il Consorzio di Bonifica: «Quadro di grande sofferenza». L’assessore veneto Caner: «Bisogna valutare di ridurre l’uso per le centrali elettriche»

francesco dal mas
3 minuti di lettura

TREVISO. Crisi idrica mai così grave nella Marca: il Piave si è svuotato del 25% rispetto alla media storica, sono in arrivo restrizioni ai prelievi per scopi agricoli, i sindaci emettono ordinanze anti sprechi. Il problema è sul tavolo della Regione: se la siccità dovesse continuare, «l’alternativa è chiedere un intervento al Governo affinché sia dato ordine ai territori con laghi e montagne di far prevalere l’utilizzo di acqua per uso umano e agricolo rispetto a quello energetico» afferma il coordinatore della Commissione politiche Agricole delle Regioni, Federico Caner.

Rischio razionamento

Ridurre l’utilizzo dell’acqua per le centrali elettriche, quindi, in modo da garantire gli usi agricoli e domestici. Secondo Caner, «sarà un tema da affrontare prossimamente». L’assessore ha anche ricordato che il Veneto ha fatto invano richiesta per lo stato di emergenza al Governo.

Video. Le impressionanti immagini del Piave in secca, visto dal drone

Le impressionanti immagini del Piave in secca, visto dal drone

In un contesto del genere, Alessandro Bonet, presidente del Consorzio Piave Servizi, invita a non sprecare acqua anche perché, «se non pioverà saremo costretti a razionalizzare la distribuzione». Da ottobre, quando inizia l’anno idrologico, è piovuto solo per 440 millimetri, contro la media storica di 730 negli ultimi 30 anni – afferma Francesco Rech, dell’Arpav – e nei primi 15 giorni di giugno abbiamo recuperato, in provincia di Treviso, solo 40 millimetri lungo la Pedemontana e a scendere, progressivamente, fino ai 10 mm della bassa Marca.

Stop all’irrigazione domestica

I Consorzi, da Piave Servizi all’Ats, hanno già invitato i Comuni a produrre ordinanze che di fatto vietino l’uso dell’acqua potabile per l’irrigazione domestica. «Ma riscontriamo quotidianamente che i picchi, proprio in questi giorni, sono ancora molto alti» afferma Bonet.

Piave osservato speciale

Il Consorzio di Bonifica Piave è in allarme. Si sa che la situazione del Montebellunese è tra le più pesanti. Il Piave, a fine maggio, era sotto del 25%; in questi giorni conta sul deflusso minimo vitale. «Siamo entrati nel pieno dell’irrigazione» conferma il presidente Amedeo Gerolimetto.

«Il boom sarà da metà giugno e sino a fine luglio. Non occorre dirlo: di acqua non ce n’è, lo vedono tutti. Per fortuna i bacini di montagna sono pieni (grazie anche alle ultime precipitazioni) e pertanto abbiamo chiesto agli operatori, l’Enel in particolare, di cominciare ad aprire le dighe». Altrimenti? «Il razionamento è inevitabile. Per il momento abbiamo proceduto con la razionalizzazione del sistema, chiudendo i canali supplementari, per cui gli orari sono garantiti. Ma nelle prossime settimane potrebbero porsi necessità di tutt’altro segno».

La salvezza dalla montagna

Il Consorzio Piave dà acqua a 50 mila ettari, in sostanza a 20 mila operatori. Gerolimetto si affida molto all’Enel, con il quale – afferma – siamo in ottima collaborazione.

«Negli ultimi giorni, complici gli insistenti temporali registrati sull’area alpina, il volume invasato nei laghi dell’Enel, dal centro Cadore a santa Croce, al Mis e al Corlo, è in ripresa per attestarsi su valori confortanti, dell’ordine dell’87-90 per cento. I fabbisogni irrigui agricoli, finora, sono soddisfatti totalmente senza decurtazioni, il risparmio viene garantito attraverso iniziative di riduzione degli sprechi e ottimizzazione dei prelievi. Nei prossimi giorni si prevede un ulteriore aumento della richiesta, al quale si farà fronte tramite il prelievo dai laghi, che avverrà riducendo al minimo il consumo di invaso».

Fin qui il presidente del Consorzio Piave. Che significativamente aggiunge: «Gli usi irrigui dovranno comunque essere sempre limitati alle strette necessità, si dovranno osservare puntualmente gli orari assegnati, ed evitare inutili sprechi o usi non consentiti».

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Il Pd Veneto va all’attacco: «Ora lo stato d’emergenza»

"Lo abbiamo denunciato alla fine di un inverno senza pioggia e neve e più volte nelle scorse settimane: la Regione del Veneto non può assistere immobile alla peggiore siccità degli ultimi 70 anni. Anche a dichiarare lo stato di emergenza se necessario. I fiumi principali del nostro territorio sono ridotti a rigagnoli: Po, Piave, Brenta e Adige in una situazione di calo di portata eloquente e gravissima. Gli effetti di questa grande sete sono immediatamente visibili e le conseguenze si osserveranno a distanza di mesi. Per questo, anche con il razionamento, si stima una perdita tra il 50% e il 100% dei raccolti tradizionali per l’agricoltura veneta e bisogna già oggi lavorare per le riserve del prossimo autunno.

La Regione Veneto deve, senza altri ritardi, fare i conti con una sfida epocale e sempre più frequente promuovendo politiche efficaci per garantire questa risorsa vitale. Le nostre proposte ci sono: nuovi invasi, lotta agli sprechi e alle perdite degli acquedotti, verifica del reticolo irriguo e della salute dei corpi idrici, un piano per l’irrigazione regionale con tecniche innovative e di precisione come la pluvi-irrigazione, riutilizzo dell’acqua per usi non civili, campagne informative ai cittadini. Le risorse economiche – anche europee – non mancano.

Da ultimo, si pensi a Marghera con la prevista Hydrogen Valley come un asset importante della strategia energetica nazionale, su cui peraltro ha mancato l'occasione dei fondi PNRR. Una sede naturale per lo sviluppo su scala industriale delle applicazioni legate all’idrogeno e quindi un polo dell’acqua legato proprio alla sua salvaguardia”. Lo dichiara Matteo Favero, responsabile Forum Ambiente e Infrastrutture del PD Veneto.

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