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Oltre cento ucraini già a scuola, ma a Treviso mancano fondi per le lingue

Sono 110 i bambini e ragazzi fuggiti dalla guerra e inseriti nei plessi trevigiani. Sos dei presidi: le lezioni di italiano per stranieri non sono ancora state rifinanziate

Mattia Toffoletto
1 minuto di lettura

Sono arrivati a 110 gli inserimenti scolastici di bambini e ragazzi ucraini nelle scuole trevigiane, dall’infanzia alle superiori. Sfioravano la cinquantina a metà marzo, a poche settimane dallo scoppio del conflitto, poi gli incrementi sono stati graduali. È una delle sfide maggiori che le scuole della Marca si siano trovate ad affrontare nel post Covid: piccoli alunni spaesati, strappati dalle loro case da un giorno all’altro, a cui insegnare una lingua sconosciuta. E al momento non è arrivata la proroga dei fondi per insegnare l’italiano agli stranieri.

I CORSI

Gli arrivi di migliaia di profughi ucraini nella Marca hanno cambiato le relazioni sociali, i servizi offerti dalle istituzioni, e anche le scuole. La sfida principale, come detto, è l’insegnamento della lingua italiana: per le scuole del primo ciclo, si è fatto ricorso ai fondi europei Fami (riservati ai corsi di italiano per stranieri), creando gruppetti di pochi alunni con lezioni in orario scolastico o al pomeriggio. Una decina di studenti ucraini delle superiori, invece, sono stati indirizzati ai corsi promossi dal Cpia, Centro provinciale per l’istruzione degli adulti: prime nozioni di lingua italiana da affiancare al normale orario scolastico. Obiettivo prendere dimestichezza con una lingua nuova, che non si conosce e non si era mai esercitata.

nodo risorse

Le medie Martini di Treviso, per esempio, sono capofila dal 2016 della rete Fami (dal 1999, più in generale, della rete integrazione alunni stranieri), che riunisce 53 scuole della Marca per finanziare corsi, laboratori e progetti riservati a scolari di provenienza extra Ue (ma, per altri progetti, la rete si è allargata pure alle province di Venezia e Belluno). Gli istituti inseriti nella rete, se interessati, hanno chiesto l’adesione ai progetti. «Ora siamo in attesa della proroga da Roma dei fondi Fami, in modo da attivare corsi pure in estate», confida Paola Pasqualon, vicepreside Martini e coordinatrice rete Fami. «Per l’utilizzo dei fondi le richieste delle scuole sono state poche, credevamo ne arrivassero di più, posso immaginare che molte si siano mosse in autonomia», riflette il provveditore Barbara Sardella.

IL FUTURO

Resta da capire cosa sarà in futuro di questa popolazione scolastica, e più in generale dei flussi di cittadini ucraini nella Marca: «Non sappiamo ancora quanti ne rimarranno l’anno prossimo, so che alcuni confidano di poter tornare in patria», aggiunge la dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale. Difficile ci siano alunni ucraini che a giugno sosterranno gli esami: «C’è il problema della mancata conoscenza dell’italiano. E so comunque che alcuni studenti sono rimasti in contatto con gli insegnanti del Paese natìo, con l’obiettivo di concludere “l’anno scolastico ucraino”: stanno facendo, se la si può definire tale, didattica a distanza», conclude Sardella.Mattia Toffoletto

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