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Ragazzo di 17 anni travolto e ucciso. Investitore già ai domiciliari. La mamma: «Decisione vergognosa»

«Non voglio vederlo, non si sarà neanche reso conto di cosa ha fatto». I carabinieri trattengono il papà

Mattia Toffoletto
2 minuti di lettura

Davide Pavanin in sella ala sua moto, la sua grande passione

 

PAESE. «La messa in libertà è una vergogna». Mamma Barbara, distrutta, urla la sua rabbia. Non c’è dolore più grande della perdita del figlio Davide. E la notizia della revoca dei domiciliari a carico di Samuel Seno, il poliziotto che domenica sera ha travolto a Paese il 17enne studente del Planck, le fa chiudere le porte a qualsiasi forma di perdono. E domenica sera i carabinieri hanno trattenuto il papà, che voleva sfogarsi contro l’investitore.

Al telefono la madre rimane qualche secondo in silenzio, poi è un fiume in piena: «No, non posso perdonare l’investitore», sbotta, «è una vergogna che l’abbiano scarcerato. Si è fatto un solo giorno ai domiciliari, a questo punto potevano lasciarlo libero subito… Non si sarà quasi reso conto della misura cautelare, io invece ho piena consapevolezza di quello che è successo: Davide non c’è più, lo vedo solo in obitorio».

Parole come pietre, parole che sgorgano dal cuore di una mamma che deve combattere con un dolore atroce. Più grande di lei, impossibile da spiegare o descrivere. Nessuna voglia di tendere la mano all’investitore, nessuna voglia di incontrarlo.

Definisce «assassino» chi ha falciato il figlio mentre rientrava in scooter da una serata con la fidanzata. Frasi e sostativi utilizzati dicono tutto.

L’unico pensiero, nello sconforto di giornate tutte tremendamente uguali, è alla madre dell’agente rugbista: «Mi dispiace solo per lei», confessa la mamma di Davide, «perché questa tragedia riguarda due madri: io che ho perso un figlio e lei, mamma di un assassino».

Rabbia e dolore si intrecciano, le parole escono veloci in un momento in cui, probabilmente, preferirebbe solo piangere: «Non voglio perdonare l’investitore, non c’è nemmeno la volontà di incontrarlo», incalza, «anche se l’indirizzo di casa nostra lo conosce, avendolo magari letto dai giornali… Dicono che il tempo lenisca le ferite, di certo ora non è il caso di perdonare. Ma credo che nemmeno in futuro potrò farlo. Mio figlio non c’è più. E l’investitore, per di più, è un poliziotto… Sì, un poliziotto che dovrebbe dare l’esempio».

I coniugi Pavan, che frattanto si sono rivolti a un legale, avevano appreso dell’incidente, domenica sera, dalla fidanzata di Davide. Proprio con la ragazza il giovane aveva trascorso l’ultima serata della sua vita. Lei era solita seguirlo virtualmente, mentre rincasava in scooter, con un’app dello smartphone. Ma la posizione del gps, quella maledetta sera, era sempre la stessa: via Olimpia, a Paese.

E purtroppo il sospetto che potesse essere capitato qualcosa, si è trasformato presto in un dramma incommensurabile. Davide non c’era più, investito dal poliziotto Seno. I genitori hanno raggiunto, in pochi minuti, il luogo del sinistro: un dolore senza fine.

Martedì mattina mamma Barbara faceva su e giù per la casa. Piangeva, nella villetta di Morgano. Continuava a ripetere il nome del figlio. Poi l’obitorio, le ore che sembrano non passare mai e la consapevolezza del dramma che si fa sempre più nitida. La notizia della revoca dei domiciliari le provoca rabbia. Lo sfogo al telefono sintetizza la tragedia di una mamma che non rivedrà più il figlio.

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