Rifiuti, a Treviso scatta il sequestro in un’area dell’ex Pagnossin
Provvedimento della procura, sopralluogo di Arpav e vigili urbani con il drone. Zanardo: «È assurdo, il piano di bonifica era già approvato ma ora è fermo»
Federico de wolanski
TREVISO. Diversi cumuli di rifiuti da cantiere edile, da lavorazioni industriali (fanghi grigi) e di fusti metallici contenenti sostanze oleose. Il tutto coperto da una vegetazione cresciuta in anni di abbandono e mancato controllo. Questa la fotografia scattata dalla Procura di Treviso di un terreno all’interno dell’area ex Pagnossin dove sono scattati i sigilli per reato ambientale.
Il provvedimento è stato eseguito alcune settimane fa e ieri il Comune di Treviso ha imposto la presentazione di un piano di bonifica alla proprietà, ovvero Damaso Zanardo, l’imprenditore della logistica dal 2016 promotore del grande piano di rilancio dell’ex fabbrica di ceramica. Lui è furente: «Quei detriti lì dai tempi del fallimento, erano scarti di lavorazione e altro. Ed era già pronta la bonifica».
Il sequestro
Tutto è iniziato dopo la segnalazione di due vicini, che hanno evidenziato la presenza di cumuli di materiale nell’area a nord ovest della Pagnossin. Il caso è arrivato in Procura che alla fine dello scorso anno ha mosso i vigili e Arpav. È stato fatto un sopralluogo con i droni che ha evidenziato la presenza del materiale e fatto scattare il sequestro e al nullaosta della procura all’ordinanza di rimozione emanata ieri dal Comune. Si tratta di un’area di circa 1500 metri quadrati, recintata, videosorvegliata, ma nella quale svettano i cumuli di rifiuti per cui ora Zanardo è indagato (compre proprietario dell’area).
Zanardo furioso
«Io non ho alcun rapporto con quel materiale e quel deposito che è lì fin dai tempi in cui la Pagnossin era proprietà della curatela fallimentare» spiega l’imprenditore, «ed ora mi trovo in una situazione paradossale, ovvero quella di dover fare il triplo della fatica per bonificare una discarica non mia, che stavo già provvedendo ad eliminare». Zanardo spiega, carte alla mano: «Tre mesi prima del provvedimento di sequestro avevo già pronto il piano per la rimozione e la pulizia dell’area. Stavo per attuarlo quando sono arrivati i sigilli». Provvedimento tardivo? «Certo, mi si dice “dovevo operare prima”, ma scusate, sapete che dal 2016 ad oggi ho riempito 70 bilici di rifiuti di ogni genere tolti dalla Pagnossin? Mica si riesce a fare tutto subito, i soldi non cadono dall’albero, ho smaltito le cose che si potevano smaltire subito, il resto stava aspettando». C’è anche materiale del restauro? «Si, ma non sono inquinanti ed è accumulato lì perchè un domani servirà a fare un fondo». L’imprenditore lamenta il fatto che ora «a causa di un sequestro che poteva essere fatto anni fa, il suo piano di bonifica ora sia tutto più difficile». Dell’accusa di reato ambientale non si preoccupa. «Opendream (la società che guida il rilancio della fabbrica, ndr), non c’entra».
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