POSSAGNO. Non c’è niente da fare: l’algoritmo odia i corpi nudi. Soprattutto se sono d’arte. Era capitato un paio d’anni fa, si è ripetuto ieri. Il museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno è stato “censurato” questa volta da Instagram per la pubblicazione di un’opera dello scultore “venerato” in tutto il mondo. Lo annuncia la stessa Fondazione Antonio Canova sul social con un laconico: «Problemi di ordinaria censura. Ancora».
In passato il presidente della Fondazione Vittorio Sgarbi pose la questione del «calo di credibilità di Instagram, che evidentemente non sa distinguere tra arte e pornografia». Instagram, ora come allora, segnala che «i post recenti di #antoniocanova al momento sono nascosti perché la community ha segnalato alcuni contenuti che potrebbero non rispettare le linee guida». Il pensiero corre subito alle fotografie dei nudi realizzati da Canova, che si trovano nell’ala ottocentesca della gipsoteca, veicolate tramite i social e già più volte censurati da Facebook.
Due anni fa ci volle un mese e mezzo per sbloccare completamente il profilo: pur essendo possibile ricercare l’hashtag #antoniocanova, apparivano solo i post “più popolari”, rimanendo nascosti i più “recenti”, appunto perché “censurati”. Il critico d’arte Sgarbi in passato aveva invitato Facebook e Instagram a «lavorare per evitare equivoci che trasmettono ignoranza. Per Fondazione Canova la censura dell’hashtag #antoniocanova equivale a un insulto all’arte e può causare danni da qualche milione di euro».
Un episodio analogo qualche anno fa, ma questa volta con Facebook, accadde anche alla fotografia della Fontana delle Tette, a Treviso. In quel caso un noto antiquario cittadino si vide bloccare il profilo a seguito della pubblicazione della fotografia.Articoli rimanenti
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