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LA VITTIMA E LE REAZIONI

Sconvolti i parenti e le penne nere «Lo aspettavamo a Forni Avoltri»

Originario della Carnia, D’Agaro era un professionista attivo nel settore del restauro, da poco si era trasferito con la compagna a Castello di Godego

E.F.
2 minuti di lettura

MONTEBELLUNA

Claudio D’Agaro aveva lo studio di architettura a Mercato Vecchio, abitava anche lì fino a non molto tempo fa, in via Rive 12, aveva ancora lì la residenza, ma da poco si era trasferito a Castello di Godego, nella casa di Elena Ripoli, la sua compagna con la quale aveva avuto due figlie: Eva, studentessa universitaria, ed Eloisa, alla conclusione delle superiori. Appena la tragica notizia è arrivata a Montebelluna, i suoi amici architetti, gli alpini che lo avevano conosciuto di recente, sono rimasti annichiliti di fronte alla tragedia. Agli inizi della sua carriera di architetto, Claudio D’Agaro aveva lavorato alla Unitec, cooperativa di architetti di Montebelluna. «Lavorava con noi fino a 14 anni fa», lo ricorda Bruno Goggi «poi si era messo per conto proprio, era un amico, la sua scomparsa ci addolora tutti».

Di recente Claudio D’Agaro aveva partecipato con alpini di Montebelluna a un momento conviviale in ricordo del fratello Dante e dell’altro alpino, Giorgio Scarabottolo, scomparsi alla fine dell’inverno. I due amici avevano infatti lasciato una donazione perché fossero ricordati con un pranzo. «Quel giorno Claudio era venuto da noi» ricorda Giovanni Mondin, l’ex capogruppo degli alpini di Montebelluna, «aveva tenuto anche un breve discorso per ricordare il fratello».

Quando nell’ambiente degli alpini è arrivata la notizia della tragedia a Santo Stefano di Cadore, il capogruppo Dario Scattolin ha provveduto subito ad informare gli associati di quanto era accaduto: «Claudio era un nostro socio», spiega il capogruppo degli alpini di Montebelluna, Dario Scattolin, «negli anni precedenti era il fratello Dante a versare anche la quota per suo conto, quest’anno aveva provveduto direttamente lui. Come ho saputo della tragedia ho provveduto subito ad informare tutti gli alpini che Claudio era deceduto mentre andava alla cerimonia di tumulazione delle ceneri del fratello Dante». Era una persona riservata Claudio D’Agaro, tutto famiglia e lavoro. «Ma se gli veniva chiesto qualcosa lui era sempre disponibile ad aiutare», spiega il suo amico Danilo Santalucia «Claudio era una persona molto generosa».

Coi suoi colleghi di studio all’Università si era ritrovato da poco, un mese fa «era stata una rimpatriata tra colleghi del primo corso di università», dice Lorena Bolzonello, «non riesco a capacitarmi che Claudio non ci sia più».

Era un architetto specializzato nel recupero e restauro di dimore storiche, soggette a vincolo, come una villa a Liedolo di cui aveva curato il restauro. E questa sua predilezione lo portava a visitare i mercatini dell’antiquariato, probabilmente anche a far restaurare una vecchia Jaguar con cui ogni tanto girava. Era originario della Carnia, e ci teneva molto a queste sue origini: «Lui diceva sempre che non era friulano, ma della Carnia», spiega Danilo Santalucia, «e non lo diceva come battuta, ma con convinzione».

Uno dei suoi progetti importanti aveva riguardato proprio il paese dove era andato di recente a vivere: a Castello di Godego aveva collaborato infatti alla stesura del piano di lottizzazione di via Santa Giustina della Breton, sbloccato dopo 8 anni di attesa. —



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