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«La fragilità altrui è un bersaglio se la famiglia rinuncia a educare»

Il parere dello psicologo Matteo Lancini della fondazione “Minotauro” «Il disagio giovanile cresce nella società basata sull’essere primi»

Valentina Calzavara
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l’esperto

Un gruppo di ragazzi che si scaglia contro una disabile, picchiandola e insultandola. Sempre più spesso la fragilità diventa bersaglio di un odio cieco e insopportabile. Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, presidente della fondazione “Minotauro” che da trent’anni si occupa delle problematiche giovanili tratteggia un preciso identikit dei bulli.

Professor Lancini, chi sono i bulli?

«Soggetti che vedono nella fragilità degli altri la propria fragilità. E di fatto attaccano ciò che vedono nell’altro che più somiglia a loro. In questa premessa non c’è alcuna giustificazione nei confronti di chi agisce violenza, ma la radice dell’atteggiamento vessatorio: chi oggi è fragile mal tollera la fragilità altrui».

Cosa ha portato a questa degenerazione?

«La nostra società, basata sul primato, ha perso la capacità di educazione al fallimento. L’idea di non avere abbastanza successo viene riversata all’esterno. C’è chi attacca sé stesso, lesionando il corpo, smettendo di mangiare, tentando il suicidio nei casi più gravi. Ma c’è anche chi si accanisce contro l’altro. La disabilità è uno dei catalizzatori del bullismo, per questo è fondamentale agire incentivando la prevenzione».

Che compito ha la famiglia?

«Quello di non crescere i ragazzi in un mondo iper ideale. Spesso mamme e papà non sopportano la “sofferenza” dei figli. Il padre autoritario è andato in pensione, prevalgono i sensi di colpa nei confronti dei figli, a volte è come se i genitori supplicassero i l figlio con un: ti prego, non dirmi che soffri».

Quali possono essere le conseguenze del tenere i figli sotto la campana di vetro?

«Ragazzi e ragazze faticano ad esprimere liberamente dolori, inciampi e fallimenti che fanno parte dell’esistenza e sono motivo di crescita. Quando una famiglia difende il brutto voto preso a scuola o giustifica il figlio bullo, in realtà non sta difendendo il figlio ma il proprio senso di colpa».

Oggi esistono numerosi modelli positivi, pensiamo allo sport, con i campioni paralimpici Bebe Vio, Alex Zanardi, il sogno di un nuovo podio per Manuel Bortuzzo. Come è possibile rieducare i giovani bulli al rispetto della diversità?

«La punizione dell’allontanamento da scuola o la pena per il reato non bastano. Bisogna avvicinare i bulli alla loro parte fragile. I lavori socialmente utili, come la frequentazione di una comunità di adolescenti con disagio, o l’assistenza agli anziani, ha una valenza curativa per chi non comprendere la fragilità». —

Valentina Calzavara

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