VITTORIO VENETO. Semplicemente straordinaria la cima del Visentin con un metro di neve. E suggestivo anche il panorama che si gode in quota, da una parte sulle più belle vette dolomitiche, dall’altra sulla città di VittorioVeneto e la pianura. «Sì, intravvedevo anche la laguna di Venezia con il campanile di San Marco», racconta Dmitry Parfimovich, 43 anni, di origine russa, già ciclista su strada dilettante di buon livello, da anni meccanico alla Eurovelo di Vittorio Veneto.
L’altroieri, approfittando della bellissima mattinata di sole, ha inforcato la mountain bike e da San Martino di Colle Umberto, dove abita con la moglie Susanna e con due figli, Nicola e Michele, di 5 e 8 anni, si è fiondato sui tornanti del Visentin. Due ore e mezza di salita. Strada perfetta nei primi chilometri, fino a Fais e poi più avanti, ma da quota 900 è incominciata la neve.
Dmitry non ha le gomme chiodate, è andato avanti zigzagando sul ghiaccio. «Mi sono fermato più volte per fotografare. Questa, infatti, è la mia passione. Ad ogni curva si presentava un panorama diverso, verso la valle, Vittorio Veneto e la pianura. In lontananza ho potuto osservare una lunga striscia bianca, a volte luccicante, quella del mare». In vetta Dmitry ha lasciato riposare la bicicletta e, districandosi tra i cumuli di neve formati dal vento, è andato a caccia delle postazioni migliori per scattare le immagini mozzafiato. Come quelle che all’orizzonte dispiegano tutte le più belle cime, dal Civetta all’Antelao, al gruppo delle Pale di San Martino. «Il Visentin è un balcone stupefacente, che i vittoriesi dovrebbero riscoprire. Un sito unico dove rimanere in contemplazione del creato». Se per la salita ci vuole gran fisico per la discesa, sulla strada con le scie-auto ghiacciate ci vuole una grandissima tecnica.Dmitry è arrivato a valle senza una caduta. «Lassù ci vado almeno 7-8 volte l’anno e quando arrivo in cima, scendo dall’altra parte, lungo la cresta e poi attraverso il Nevegal. Ma il sentiero era coperto dalla neve e c’era – racconta l’atleta – solo una traccia di scarponi». Parfimovich è arrivato in Veneto al seguito di una squadra di dilettanti. Poi ha deciso di fermarsi, avendo trovato la fidanzata, con la quale si è poi sposato. Parla perfettamente l’italiano. «L’integrazione è stata dura – ammette – perché, chiusa la parentesi ciclistica, ho dovuto reinventarmi la vita». Ora, all’Eurovelo, Dmitry però è soddisfattissimo.