TREVISO. «Se non troviamo addetti giovani e preparati, ve lo dico io come va a finire: che qui chiudiamo tutti». Angelo Zanon, 64 anni, titolare delle Minuterie Zanon di Tezze di Piave, è balzato sulla sedia quando ha sentito i sindacati raccontare di ragazzi che rifiutano il posto di lavoro in fabbrica, perché la fabbrica è “scomoda”. Un problema che riguarda anche lui: da mesi cerca, senza trovarli, attrezzisti per macchine utensili, operai specializzati, tecnici.
La sua officina, torneria di precisione con lavorazioni speciali al tornio, probabilmente è scomoda, e pure polverosa, ma come dice il titolare «è un esempio dell’impresa artigianale che ha fatto crescere questo territorio e lo ha arricchito». E che ora rischia di scomparire per sempre. Attorno a lui, giura, hanno già chiuso in molti. I numeri della Camera di Commercio lo confermano: al 31 marzo 2018 si contano 22.915 imprese artigiane attive nella Marca, sono ben 130 in meno rispetto a un anno fa.
Non si trovano operai perché sono pagati poco? «Noi attingiamo alle agenzie interinali», quindi i compensi sono quelli del settore, «e pure loro mi dicono che si fa fatica a reperire certi profili». La formazione andrebbe fatta nelle fabbriche? «Posso essere d’accordo, l’alternanza scuola lavoro funziona, ma siamo in ritardo di anni: è come portare un codice rosso al pronto soccorso, e sentirsi rispondere che i medici si stanno per laureare. Il mercato corre troppo in fretta». Infine, una stoccata a Confartigianato: «Ci mette a disposizione supporto psicologico per quando andiamo in pensione, ma farebbe meglio a darci qualche strumento concreto per non chiudere l’attività».
Assist raccolto da Vendemiano Sartor, presidente di Confartigianato Treviso: «I lavori “brutti e sporchi” non si fanno più, è vero, abbiamo perso una generazione di lavoratori dell’artigianato e sarà molto difficile ripartire». Dare una risposta immediata, secondo Sartor, è impossibile.
Ma un aiuto dovrebbe arrivare, secondo il presidente degli artigiani, dalla grande impresa: «Il rischio in questo momento storico è di perdere un’intera filiera, perché se chiudono i produttori di piccoli componenti o le officine che effettuano lavorazioni particolari entra in crisi anche il grande nome. E comunque sono tanti i settori che non trovano addetti: succede anche nella nuova impiantistica, in cui serve personale specializzato, nell’idraulica, nel campo del recupero energetico, nella domotica. Le scuole professionali sono state dequalificate perché considerate di Serie B. Ripartiamo da questo aspetto culturale».