«Così troviamo le falle con il satellite»
Piave Servizi, che fornisce acqua potabile alla Sinistra Piave, si avvale della nuova metodica: «Più rapida ed economica»
Federico Cipolla
Come andare a caccia delle perdite occulte dell’acquedotto? Con lo stesso sistema con cui la Nasa cerca l’acqua su Marte e sui pianeti, a caccia di forme di vita. Non si tratta di fantasia o di un’idea più o meno strampalata. Ma di un’operazione appena iniziata dalla Piave Servizi, l’azienda che gestisce l’acquedotto di 36 comuni trevigiani (e tre veneziani) della Sinistra Piave, e che, soprattutto, è efficace e costa relativamente poco: 200 mila euro per una campagna in grado di individuare almeno l’80 per cento delle perdite con un’approssimazione massima di 40/50 metri.
Il sistema è basato su un brevetto americano, che è stato concesso dagli Usa per il Mediterraneo e l’Europa ad una sola società con sede a Tel Aviv, Israele, la Utilis Ltd. Il sistema sfrutta le immagini satellitari e, compiendo rilievi fotografici, raccoglie anche dati fisici e chimici. E’ in grado di individuare la presenza d’acqua fino a 12 metri di profondità, e qui viene il difficile; perché di acqua lì sotto ce n’è parecchia. «Ma quella potabile, che scorre nelle tubature, ha alcuni parametri che la distinguono dall’acqua superficiale e da quella di falda», spiega Carlo Pesce direttore della Piave Servizi.
«Ha un livello diverso di salinità e di temperatura. Incrociando questi dati con la cartografia delle tubature, il sistema indica le perdite, dividendole in quattro categorie a seconda della portata». Poi a quel punto esce una squadra con le “aste fonometriche”, che in base al rumore dell’acqua che scorre nelle tubature individua facilmente le perdite. Tra pochi giorni nel territorio della Piave Servizi arriveranno proprio alcuni operatori della società, che si muoveranno tra le condotte per individuare di preciso i buchi neri.
«È un sistema più veloce, più efficace e meno costoso di quelli tradizionali», continua Pesce. «Basti pensare che il primo report con la mappatura arriva in 4/5 settimane; normalmente ci vorrebbero cinque mesi per i 3 mila chilometri di rete che gestiamo, e molto più dei 200 mila euro che costa una campagna con questo sistema».
La tecnologia è molto recente, ma già alcune grandi città hanno deciso di adottarla, Roma è stata l’ultima in ordine di tempo. E non c’è dubbio che anche a Treviso, in Ats, un pensierino alla tecnologia targata Usa lo si farà; viste le percentuali di perdite occulte registrate: il 41% a Treviso, punte del 60/70% in Pedemontana.
Per dare un’idea chiara delle differenza: Ats per 500 mila persone usa 74 milioni di metri cubi di acqua ogni anno, Piave Servizi – dove le perdite in media vanno dal 15 al 20% – per 380 mila ne usa 24 milioni.
Non è tutta colpa di Ats, sia chiaro: nata nel 2003 ha avuto un’eredità pesante, dovuta all’unione di diverse piccole società e impianti gestiti dai Comuni, oltre a una conformazione, soprattutto in Pedemontana, che non aiuta.
Mentre Piave Servizi è nata da due società, la Sile Piave e la Sisp, che dagli anni ‘50 si sono specializzate nella gestione di quelle reti. «E’ sempre stato fatto un lavoro certosino di individuazione delle perdite», spiega il presidente di Piave Servizi Alessandro Bonet, «che ci fa essere un’eccellenza in questo ambito. Abbiamo solo punti molto circoscritti che arrivano a perdite del 40%. E’ una priorità ridurle per un’azienda come la nostra, perché significa risparmiare. Emblematico è il caso della rete di Santa Lucia di Piave, dove la continuità degli interventi effettuati ha consentito di ridurre l’uscita notturna (principale indicatore di perdite in rete) del 67% risparmiando così il funzionamento di un’elettropompa da 50 kW che oggi viene attivata solamente nei momenti di massimo consumo».
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