Lo Stato ha negato il risarcimento alla famiglia Leder
Motivo: manca un fondo per le vittime del femminicidio. I soldi servivano per un asilo nido da intitolare ad Arianna
di Rubina Bon
TREVISO. Lo Stato ha negato il risarcimento danni alla famiglia di Elisabetta e Arianna Leder, mamma e figlia sgozzate nell'appartamento di Castagnole il 24 febbraio 2009 da Fahd Bouichou, ex compagno e padre della piccola di due anni. «Non avevamo bisogno di quei soldi, ma c'era un sogno da realizzare», ha detto ieri Alessandro Leder, fratello di Elisabetta, durante la cerimonia di intitolazione della sala convegni dell'Istituto Menegazzi di San Giuseppe alla memoria di mamma e figlia.
Il sogno della famiglia Leder era di devolvere interamente la somma per costruire un asilo nido che portasse il nome di Arianna. «La richiesta di risarcimento è stata rigettata perché l'Italia che non ha aderito a una direttiva della Comunità Europea secondo cui tutti gli Stati membri devono creare un fondo per le vittime di violenza», ha chiarito Alessandro. «Lo Stato continua a pagare multe per questo. Ma noi non ci fermiamo».
Attraverso l'avvocato Catia Salvalaggio, i Leder presenteranno appello alla Corte d'Appello di Venezia. A loro vantaggio, un recentissimo pronunciamento della Corte di giustizia europea che ha chiarito come la direttiva in questione debba essere estesa a tutti i cittadini europei (e non solo agli stranieri vittime di violenza in un altro Stato) che non vengono risarciti dall'autore della violenza.
L'eventuale quantificazione del risarcimento sarà stabilita dal giudice. Nonostante la tegola, nelle parole di ieri del fratello di Elisabetta non c'è rabbia. Perché se non si è realizzato (per ora) il sogno dell'asilo, un altro è già diventato realtà grazie all'Israa, dove sia Elisabetta che papà Antonio avevano lavorato. L'intitolazione della sala convegni è stata fatta cadere nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. A fare gli onori di casa, il presidente dell'Israa Luigi Caldato e il direttore Giorgio Pavan che ha ricordato come anche alcune dipendenti dell'istituto sono vittime di violenza e che a loro è riservato un accompagnamento, dallo sfogo alla denuncia in Questura. Presenti il sindaco Manildo, le autorità, la presidente di Telefono Rosa Rita Giannetti e Cinzia Mion della Commissione Pari Opportunità. In prima fila mamma Raffaella, papà Antonio e il fratello Alessandro. Un minuto di silenzio, poco dopo le 11, osservato in tutte le strutture dell'Israa, quindi gli interventi e poi la scopertura di una foto di Elisabetta e Arianna - come ha osservato più di qualcuno tanto simile a una Madonna con il bambino - che è stata posizionata dal fratello su una parete della sala convegni.
Ed è proprio guardando l'immagine tenera della figlia con la nipotina che Raffaella Leder si è lasciata andare ai ricordi. «Elisabetta aveva voluto me quando era nata Arianna. È stato il momento più bello della mia vita. Con Arianna ogni giorno era una festa, era un dono del cielo che ci è stato tolto troppo presto. Fahd? Per me era come un figlio. A volte Alessandro mi diceva che lo trattavo meglio di lui. Gli rispondevo che se lui fosse stato in giro per il mondo, avrei voluto che ci fosse qualcuno che lo avesse trattato così. Anche Fahd mi lo diceva che ero tanto buona», ha raccontato Raffaella, «E poi guarda cosa ha fatto, senza alcun preavviso. Almeno Elisabetta non me lo aveva detto. Quando io e Alessandro quella sera siamo arrivati nell'appartamento perché non mia figlia rispondeva al telefono, avrei pensato tutto. L'abbiamo cercata ovunque, persino in ospedale. Invece bastava spingere la porta che era aperta».
L'assassino di Elisabetta e Arianna è stato condannato all'ergastolo e la pena è stata confermata in Cassazione. «In questi sette anni non si è mai fatto vivo e nemmeno i suoi familiari», conclude mamma Raffaella, «A ogni udienza era là, ma non ho mai avuto il coraggio di guardarlo negli occhi».
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