I profughi manager dell’accoglienza
Progetto di Ca’ Foscari e del prefetto Lega. In cinque, laureati, al campus estivo dell’università con gli altri studenti

TREVISO. Tre sono nigeriani: uno è ingegnere elettronico, uno è ingegnere meccanico, uno è laureato in scienze ambientali. Un ghanese è laureato in scienze infermieristiche. E un pakistano è insegnante di educazione fisica.
Sono i 5 richiedenti asilo, ospiti alle ex caserme Serena e in altre strutture di accoglienza, che da ieri lavorano con altri 40 ragazzi italiani, laureandi o neolaureati di Ca’ Foscari, a un progetto Urban Innovation Boot camp, con cui l’ateneo veneziano intende avviare progetti di sostenibilità sociale e di accessibilità, in un quadro che già vede la positiva esperienza dell’università del volontariato. I 5 migranti sono stati selezionati fra 14 richiedenti asilo in possesso di un livello di istruzione universitario o assimilabile, con buona conoscenza di inglese e italiano. Hanno tra i 20 e i 37 anni, E da ieri, per sei settimane, sono al Campus di Treviso, aspiranti manager, in un laboratorio interdisciplinare che sfocerà in altrettanti progetti, tra cui uno di interpretariato on line gestito da Veasyt, spin off di Ca’ Foscari che si avvale della partnership d CiscoSystem.
È la prima esperienza che vede in partnership un ateneo e una prefettura che gestisce l’accoglienza dei migranti, E ieri il prefetto Laura Lega, con il rettore di Ca’ Foscari Michele Bugliesi e il professor Giancarlo Corò ha voluto illustrare le peculiarità di un progetto di «altissimo livello», e di «fortissima innovazione in campo culturale, sociale ed economico». In un giorno significativo, perché il 20 giugno è la giornata mondiale del rifugiato.
«La sfida è quella di gettare le basi per una futura impresa dell’accoglienza, che sin da ora si presenta come fenomeno strutturale e non più emergenziale», ha sottolineato il prefetto Lega, «e l’università può formare le figure professionali necessarie alla gestione e al governo di questo fenomeno. E dunque giuristi, economisti, formatori, mediatori, operatori. Un processo che deve essere accolto con favore dal territorio, perché l’accoglienza genera opportunità e crea lavoro per i giovani».
La filiera di una nuova impresa sociale, dunque. Ca’ Foscari mette sul piatto il suo know how, ma anche una didattica nuova: «Non c’è più lezione frontale, si lavora in gruppo, concretamente, sui problemi, ognuno portando i proprio background, insieme ai manager e alle realtà del territorio, per anticipare i modello di impresa», ha sottolineato Bugliesi, «un approccio nuovo al capitale umano, per crescere come cittadini e come professionisti, calati nel mondo e cittadini di un mondo globale».
Sulle qualità del progetto si soffermato infine Giancarlo Corò: «Uniamo le migliori competenze e tecnologie, per il governo di fenomeni che vanno ben oltre l’emergenza e diventano realtà che richiedono un management preparato, per soluzioni evolute, moderne, che creino a loro volta opportunità per i nostri laureati». Da Treviso, dalla inedita collaborazione fra ateneo e Stato, un messaggio al Nordest: il flusso immigratorio come germe di impresa sociale. Il passo ulteriore dopo la solidarietà e l’accoglienza.
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