In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Rampini: "Siamo nell'età del caos"

Intervista al giornalista che sarà protagonista alla presentazione del Top 500 di Treviso

Andrea Passerini
2 minuti di lettura
Federico Rampini 

TREVISO. Rampini, nel nuovo libro lei parla del Caos come una sorta di nuovo “ordine” mondiale. E non è un paradosso.

«Il Caos è un elemento permanente, la nuova normalità: è l’età del caos. E guai a pensare di cancellarlo: dobbiamo invece imparare a conviverci. Il mio vuol essere un manuale di sopravvivenza».

Mercoledi sarà a Treviso, a confronto con gli imprenditori. Aziende e Pmi stavano vedendo i primi segni della ripresa, ora temono l’effetto terrorismo. Hanno ragione?

«Il caos sta cambiando velocemente il quadro, e non solo per il terrorismo. La Cina rallenta, e anche la lotta del governo, più forte e autorevole, contro la corruzione finisce per indebolire consumi tipo il lusso. Anche il Brasile è in recessione».

Lei ama definirsi un nomade globale. Come sta la globalizzazione?

«Rallenta. L’economia globale cresce meno di quanto lo facciano le singole economie».

A Nordest si sono lamentati per le sanzioni alla Russia.

«Sbagliato. Il potere d’acquisto stava precipitando prima delle sanzioni, chi esportava è stato penalizzato a prescindere, la situazione economica stava già implodendo».

Cina, Russia, Brasile in retromarcia. Ma ci sono buone notizie? Chi sta tirando?

«Gli Usa. Tornano locomotiva, grazie a caratteristiche strutturali, dagli indici demografici positivi all’integrazione. E poi due fattori chiave. La rivoluzione energetica: oggi l’energia costa molto meno di un tempo. Gli Usa sono a cavallo, l’Europa quasi. E le banche centrali: suppliscono alle carenze dei governi. Draghi e la Bce stanno facendo molto bene. Con effetti positivi anche per l’Italia».

Quanto a demografia, l’Italia è in denatalità, ma ora c’è l’emergenza profughi, i flussi migratori da Mediterraneo e Balcani.

«Nel libro, le migrazioni sono uno dei gironi concentrici con cui esploro il Caos. Possono essere un’opportunità, ma i flussi vanno governati. Il miglior modello di integrazione sono gli States, e non è vero che sia inapplicabile altrove».

Tema forte anche qui: da vent’anni il Nordest è diventato multietnico e multireligioso.

«Le politiche di immigrazione degli Usa, risalgono agli anni ’60, e i profughi di oggi non sono diversi dai “boat people” dal Vietnam degli anni ’70. Oggi le comunità negli States sono inserite, ricchissime, per un’imprenditorialità diffusa. Sono anch’io un immigrato, dopo la greencard ho ottenuto la cittadinanza. E all’esame chiedono di sapere l’inglese, e di conoscere la Costituzione. La cittadinanza è un fatto di doveri, non di soli diritti. Non c’è buonismo: lo straniero che arriva riceve un messaggio chiaro, “puoi avere successo solo se rispetti leggi e regole”».

Il caos sarà il mondo dei giovani. Il ministro Poletti ha detto che è meglio laurearsi presto con 97 piuttosto che a 28 anni con 110 e lode.

«Lo chiede a me che non sono nemmeno laureato. Qui in America, se si parla di lauree, dicono che non ce l’ha nemmeno Bill Gates. Consiglio ai giovani di inserire nel curriculum esperienze all’estero, meglio se in Usa o in Cina. Più lontano si va, più si allargano mente e orizzonti».

Torniamo al Nordest. «Ha due grandi patrimoni. La straordinaria capacità imprenditoriale. Lo dico sempre: la nostra immagine all’estero non è data dalle vicende politiche, di cui si sa quasi nulla. Ciò che fa opinione è la bellezza dell’Italia, l’arte e il design, la moda, i vini, il gusto. E poi la qualità della produzione industriale: per i macchinari, solo la Germania ci era superiore. Dico “era” perché con lo scandalo della Volkswagen....».

Cosa pensa delle stragi di Parigi? «È un’aggressione alla nostra civiltà, alla nostra identità, ai nostri valori. Ma come ha detto Obama, la stragrande maggioranza delle vittime dell’Isis sono musulmani. L’Isis non li rappresenta: li opprime e li uccide. Fare un’equazione fra la strage di Parigi e l’Islam sarebbe controproducente. Ma al tempo stesso le comunità musulmane devono assumersi tutte le proprie responsabilità. La rezione più importante deve venire dal mondo musulmano, e fin qui non è stata sufficiente».

Ma il futuro sarà la grande coalizione mondiale?

«Non credo. Il Caos impone di superare gli schemi del Novecento. Non sono più possibili né le pax americane, né gli accordi, da Yalta in poi, per spartirsi il mondo. Il Caos impone di abbandonare le speranze di ritrovare un ordine perduto».

I commenti dei lettori