Due trevigiani nell’inferno del Nepal
Guido Salton, guida alpina di Cison, ha sfiorato la morte. Gianantonio Candiani, ristoratore a Kathmandu: «Terrificante»
di Fabio Poloni
Nella catastrofe del terremoto che ha devastato il Nepal sono due i trevigiani che stanno vivendo ore di ansia in uno scenario di apocalisse. Ieri mattina stava salendo verso la Piramide sull’Everest la guida alpina Guido Salton di Cison di Valmarino e gestore del rifiugio Biella a Cortina. Guido era partito, come ogni a primavera, una settimana fa per Kathmandu, in cui da anni organizza spedizioni di alpinisti veneti. Con un gruppo di amici di Cison segue la costruzione di un asilo per i bambini nepalesi. Guido era partito giovedì 16 aprile, mentre gli amici cisonesi avrebbero dovuto raggiungerlo in maggio. Ieri mattina la guida alpina si trovava in una baracca, crollata sotto la violenta scossa. Ma è riuscito a mettersi miracolosamente in salvo ed a riprendere la risalita verso la Piramide sull’Everest. «Si è messo in contatto con la moglie Laura, rimasta a Cortina, e l’ha rassicurata: è in salvo e sta bene», racconta Gildo Salton, l’ex presidente di Ascopiave, primo cugino di Guido.
Drammatico il racconto di un altro trevigiano nell’inferno del Nepal. «La scossa è durata un minuto, infinita» dice al telefono Gianantonio Candiani, 37 anni, da quattro anni a Kathmandu, la capitale del Nepal devastata ieri da un terremoto di magnitudo 7.9 sulla scala Richter. Candiani vive a Patan nell’agglomerato urbano di Kathmandu: è arrivato lì per un progetto umanitario, ha deciso di non tornare più. Ora ha aperto e gestisce un ristorante. «Volavano piatti e bottiglie», racconta, «ma qui fortunatamente gli edifici sono tutti o quasi di un solo piano. In centro città la situazione era drammatica, sono crollati diversi palazzi. Dopo la prima scossa sono corso lì: la mia compagna era in un albergo del centro. Fortunatamente non si è fatta niente».Attimi drammatici, anzi, ore: dopo la prima violentissima scossa, altre di assestamento hanno scandito il passare di una giornata tragica. Secondo la polizia nepalese, i morti già accertati in serata sarebbero oltre 1.100. «Qui la gente non capisce cosa sia successo, ho sentito dare la colpa a un sacerdote per un rituale sbagliato». Il racconto di Gianantonio procede a singhiozzo: le linee telefoniche sono interrotte, quello che non riesce a dirci a voce ce lo scrive via Facebook: «Ora siamo senza acqua, senza elettricità. Credo che questa notte dormiremo all’aperto, ci sono troppe scosse, ancora violente». Il terremoto, con epicentro a metà strada tra Kathmandu e la città di Pokhara, è stato il più forte nel Paese negli ultimi 81 anni. «Noi ci arrangiamo con i generatori di energia elettrica», dice Candiani, «qui un po’ siamo abituati perché la corrente non sempre arriva». La casa e il ristorante del trevigiano on hanno riportato gravi danni se non agli oggetti. «È stata una scossa terribile, praticamente orizzontale. Non riuscivo quasi a restare in piedi. Gianantonio, figlio di Gianfranco Candiani, ex capo della Procura della Repubblica a Treviso, è in Nepal dal 2011. È partito per un progetto umanitario e per insegnare inglese alle popolazioni locali, poi l’insegnamento è diventato la sua professione, all’università. Da qualche mese ha deciso di cambiare vita, aprendo un ristorante tutto suo, il “Piano B”, del quale è cuoco e gestore. Ieri sera dopo il grande spavento Gianantonio è sceso in strada e ha tagliato un salame e stappato qualche bottiglia di birra. Un modo molto trevigiano per cercare di respirare e scrollarsi via l’adrenalina di troppo, in attesa di dare una mano a qualcuno.
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