Il Cavallo mai esposto e la Venere salvata: dietro le quinte della mostra di Treviso sul Canova
Il dirigente dei Musei Civici Fabrizio Malachin racconta come è nata l’esposizione allestita al Museo Bailo e dedicata al genio del Neoclassicismo
Marina Grasso
TREVISO. «Ero consapevole di rischiare grosso», ammette Fabrizio Malachin, «perché su Canova è già stato detto tantissimo e la sua fama è tale che non solo gli addetti ai lavori ma anche tanti appassionati conoscono tutto di lui».
Eppure, nominato dirigente dei Musei civici trevigiani nel luglio 2020, ebbe fin dal primo ingresso nel cantiere del nuovo Bailo l’idea di dedicargli la mostra che poi è diventata “Canova, Gloria Trevigiana”.
«Durante uno dei primi incontri con l’amministrazione, suggerii di inaugurare la nuova ala del Bailo con una grande mostra. E poiché la data prevista per l’inaugurazione era il 2022, celebrare Canova a Treviso fu la prima idea che ebbi, accolta subito con favore da sindaco e assessore alla cultura. Solo dopo riflettei sul rischio», conclude sorridendo.
Da lì lo studio, gli incontri, le ricerche: «Fortunatamente ho trovato una serie di relazioni poco note tra Canova e la città, e ho ritrovato il discorso pronunciato da Coletti in occasione dell’inaugurazione della mostra da lui realizzata nel 1957, che fu una sorta di “rilancio” per la fama dell’artista. Sono stati il “la” per svolgere un lavoro filologico accurato e tradurlo in un percorso espositivo con un senso logico, ma anche di facile comprensione».
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Ed è questa la forza che Malachin, che firma la mostra con Giuseppe Pavanello e Nico Stringa, riconosce al loro progetto espositivo. Che ha un titolo che può anche apparire curioso.
«Come sempre è stato oggetto di mille discussioni per le quali abbiamo cercato di pervenire ad un compromesso», ammette.
«Ma per spiegarlo partirei dal sottotitolo, “dalla bellezza classica all’annuncio romantico”, la cui prima parte è tradotta in maniera esemplare dalle opere colossali che accolgono il visitatore. Provengono da Palazzo Papafava di Padova, dove aveva programmato il “teorema perfetto”: il confronto antico/moderno tra due statue antiche e due sue opere: Apollo del Belvedere con il Perseo trionfante, e il Gladiatore Borghese con il Creugante. Sono opere capitali che evidenziano anche la genialità diplomatica di Canova, poiché Perseo assunse una connotazione in chiave ideologico-politica anti-francese».
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«La seconda parte, “annuncio romantico”, la si legge ad esempio nell’inedito Cavallo preparatorio per il famoso gruppo con Teseo in lotta con il centauro, oggi a Vienna. Per il corpo del centauro Canova studiò un cavallo in fin di vita il cui gesso viene esposto in una mostra per la prima volta: la tensione e la drammaticità dell’animale sono un chiarissimo annuncio di Romanticismo.
«Un Romanticismo enfatizzato con l’esposizione di Venere che esce dal bagno, inedito gesso ottocentesco recuperato a Villa Lattes e restaurato nonostante le resistenze di chi pensava che potesse anche non essere originale, tant’era in pessime condizioni di conservazione. Ma ho insistito, convinto che l’investimento per restaurarla valesse il tentativo, e confortato anche dall’attenzione di Bruno Lattes per l’antichità che mi faceva ben sperare in un originale, così come si è rivelato essere. In mostra, accanto alla Venere che scherza con le colombe di Francesco Hayez e Diana cacciatrice di Pelagio Pelagi costituisce un momento di straordinaria efficacia per la comprensione dell’influenza di Canova sul Romanticismo, ma anche uno degli episodi più ammirati dal pubblico».
Illustrati i sottotitoli, non resta che scoprire da cosa deriva la scelta di “Canova, Gloria trevigiana” come titolo: «Treviso ne ha accolto la fama, ne ha custodito la storia e la memoria. Ma, più di tutto, la comprensione del Canova che conosciamo oggi passa da Treviso e dalla proposta critica di Coletti, che ne apprezzò l’abilità di far convivere classicità e modernità con originalità e indipendenza. Nel suo discorso inaugurale della mostra del 1957 parla proprio di indipendenza, di un interprete libero e moderno». E questo in un’epoca in cui i più malevoli consideravano Canova “nato morto”. Per tutto questo, dunque, Canova è anche “Gloria trevigiana”. —
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“Canova, Gloria trevigiana: dalla bellezza classica all’annuncio romantico” è una mostra curata da Fabrizio Malachin, Giuseppe Pavanello e Nico Stringa. Fino al 25 settembre la si può ammirare al rinnovato Museo Bailo, che accoglie oltre 150 opere in un percorso espositivo articolato in 11 sezioni dedicate a diversi temi canoviani, suggerendo interpretazioni che riservano numerose sorprese. Si può visitare dal martedì alle domenica, dalle 10 alle 18, con un biglietto che include la visita al Museo Bailo: intero 9 euro; ridotto 6 euro (over 65 e convenzioni); gratuito per studenti e under 18. Info: 0422658951.
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