Quando vi diranno, e ve lo diranno, che le startup sono aziende troppo piccole per avere davvero un impatto sul pianeta, che dobbiamo pensare prima a salvare vecchi catorci o a dar soldi alle solite multinazionali, voi rispondete: Rivian. E’ una startup fondata in Florida nel 2009 di cui nessuno aveva sentito parlare per dieci anni; l’altro giorno si è quotata a Wall Street e ha raggiunto una valutazione che ne fa il terzo produttore automobilistico al mondo, davanti a Volkswagen, per dire. Ora può darsi che la valutazione di 153 miliardi di dollari sia un tantino eccessiva per startup che ancora ha zero ricavi e perdite importanti. Epperò gli investitori sono tutti pazzi per quella che chiamano “la nuova Tesla” o la “Tesla dei camion”. Dietro Rivian c’è Robert Scaringe, 38 anni, miliardario ovviamente. E la sua storia ci insegna molte cose. La prima RJ, come si fa chiamare, sognava di fondare una casa automobilistica fin da piccolo; non voleva semplicemente un lavoro come ingegnere, voleva produrre veicoli davvero rispettosi dell’ambiente. La seconda, RJ per arrivare dove è arrivato ha studiato tanto e bene: laurea da ingegnere meccanico a New York e dottorato al MIT di Boston. La terza: ha fondato Rivian da solo (Rivian sta per Indian River, un fiume vicino a dove era cresciuto); ma poi ha lavorato con un team per 10 anni prima di avere qualcosa da raccontare. E’ accaduto nel 2019 quando ha presentato i suoi furgoni elettrici a Jeff Bezos; Amazon ha così investito 700 milioni di dollari, a cui sono seguiti i 500 della Ford e altri 500 sparsi, il tutto senza ancora aver venduto un solo SUV. Il primo pickup è uscito dalla catena di montaggio robotizzata due mesi fa. Amazon intanto ha ordinato 100 mila furgoni elettrici. I dipendenti sono diventati quasi mille. I primi acquirenti sono diventati automaticamente azionisti. Poi certo le startup sono solo giochi da ragazzi.