Nelle prime 24 ore di vita, mezzo milione di cittadini hanno scaricato la app Immuni, la famosa app di tracciamento dei contatti che deve servire a contenere le diffusione del coronavirus Sars Cov2.
Lo hanno fatto e lo stanno facendo nonostante la app sia stata messa sugli store di Google ed Apple l'altro ieri senza una conferenza stampa, senza una di quelle dirette Facebook che tanto piacciono a questo governo, senza un comunicato che ne spiegasse chiaramente gli obiettivi e la sicurezza.
Lo stanno facendo nonostante la app sia stata trasformata da subito in una battaglia politica fra maggioranza ed opposizione usando argomenti che non hanno nulla a che fare con il merito e con i fatti: la app infatti non viola la privacy di chi la usa, non raccoglie dati personali, non consente schedature di massa e tantomeno crea banche dati da passare di nascosto alla Cina.
Quest'ultimo punto, sventolato come una bandiera di pericolo massimo, è addirittura surreale: intanto perché secondo l'ultima rilevazione, circa 700 grandi aziende italiane sono state recentemente comprate da gruppi cinesi e nell'elenco ci sono Pirelli, Candy, Berloni, Ferretti, Benelli, Fiorucci, nomi che hanno fatto la storia del made in Italy; secondo, Bending Spoons, la società che ha sviluppato gratuitamente la app Immuni - ma non la gestisce - ha nel capitale al 2 per cento un fondo di Hong Kong, ma si tratta di una quota di partecipazione che non dà alcun potere di gestione al socio; terzo, anche una grande banca cinese ha una quota attorno al 2 per cento in moltissime grandi aziende italiane, di rilevanza strategica, nei settori dell'energia, delle telecomunicazioni e della finanza, ma la sicurezza nazionale non sembra in pericolo; infine, Immuni non crea una banca dati degli utenti della app, ma il ministero della Salute aggiorna la banca dati esistente dei casi positivi, il che è esattamente quello che ti aspetti faccia il Servizio Sanitario.
Tutte queste affermazioni contro Immuni sono tecnicamente infondate, eppure è di questo che si parla. Neanche sulla salute dei cittadini e sugli strumenti per uscire dall'emergenza siamo stati capaci di trovare un terreno comune.
Sui social assistiamo all'ennesima disfida fra una maggioranza che non ha trovato il tempo di comunicare come si deve uno strumento importante per il contenimento del covid-19 e una opposizione che usa argomenti privi di fondamento per mettere in difficoltà il governo.
In tutto ciò è un autentico miracolo che centinaia di migliaia di persone stiano facendo la cosa giusta: stanno scaricando la app diventando parte attiva di una rete di cittadini che non solo proteggono sé stessi ma proteggono gli altri. E' una partita complicata quella del contact tracing digitale e dagli esiti ancora tutt'altro che certi: infatti non si era mai fatta prima e i paesi che hanno scelto subito questa strada, con soluzioni molto più invasive per la privacy (la Corea del Sud e Singapore, fra gli altri) non hanno ancora ottenuto i risultati sperati.
L'Italia è il terzo paese europeo ad avere una app pronta. Prima di noi sono arrivati, di qualche giorno, solo Lettonia e Svizzera. Siamo davanti a Germania e Francia. Insomma, nonostante quello dei ritardi sia un altro argomento per alzare polveroni, abbiamo fatto presto, e comunque prima possibile visto che dovevamo attendere che Google ed Apple rilasciassero la modifica del loro sistema operativo mobile (chi ha deciso di andare, tecnologicamente, per la propria strada, come il Regno Unito, si è ritrovato fra le mani con una app inusabile).
E poi la app è fatta bene. Lasciamo da parte l'infortunio grafico (e filosofico purtroppo) relativo al fatto che la donna è rappresentata con un bambino mentre l'uomo sta davanti al computer (uno stereotipo che verrà cambiato, giustamente). Per il resto la app è fatta bene. Non lo dico io, lo dicono le certificazioni di sicurezza, il garante della privacy, e le migliaia di esperti che ne hanno ispezionato il codice che è online per tutti.
Ma da sola Immuni non batterà il virus, lo abbiamo già detto tante volte: servono i tamponi tempestivi, la quarantena per i positivi, e una diffusione ampia. Sui primi due punti dovrà rispondere il ministro della Salute.
Se la app, come pare, non darà diritto al tampone ma sarà soltanto un invito all'autoisolamento, la semplice notifica di una esposizione rischia di mettere in quarantena interi esercizi commerciali come bar e ristoranti o palestre in caso di un cliente che scopra di essere positivo. E' un aspetto che va chiarito in fretta per il successo dell'intera operazione.
La terza cosa, la diffusione ampia, dipenderà anche dalla campagna di comunicazione che non è ancora partita: ma intanto i primi dati dei download sono incoraggianti. Oggi potremmo tagliare il traguardo del milione di utenti. Un dato clamoroso per le ragioni che abbiamo visto ma che non deve illudere nessuno: occorre arrivare a 10, o addirittura 20 milioni per avere l'efficacia sperata.
La strada è ancora lunga e in salita. Bisogna andare oltre gli early adopters e convincere gli altri. Ma facendo le cose giuste, ce la possiamo fare.