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Ultimo appello per una autodichiarazione digitale (e smart)

2 minuti di lettura
Quando dicevamo che la quarantena collettiva ci avrebbe reso tutti migliori, forse siamo stati ottimisti. La burocrazia è ancora viva e lotta insieme a noi. La fase 1 è finita ieri sera e la fase 2 inizia oggi con il quinto modulo di auto dichiarazione per poter uscire di casa. Quel modulo, e la procedura che ci impone, sono un inno ai burocrati, il trionfo della procedura sul buon senso, una vessazione inutile e soprattutto la prova provata che quando parliamo di innovazione e digitale lo facciamo sostanzialmente a vanvera. In due mesi di lockdown non siamo stati capaci di fare quello che tra gli altri la Francia ha fatto fin dal 6 aprile: rendere l’auto dichiarazione immateriale. Il punto non è soltanto risparmiare carta, che anche chissenefrega in questo momento se si tratta di combattere la pandemia (mi spiego: giusto risparmiare carta, ma se per tenere sotto controllo i contagi servisse usare la carta, lo faremmo). Il punto è ottenere un duplice obiettivo: rendere la vita ai cittadini più semplice e contemporaneamente tenere realmente sotto controllo gli spostamenti di tutti, per scovare eventuali furbi ma anche solo per conoscere in tempo reale comportamenti di massa pericolosi. Il digitale questo ti consente di farlo automaticamente. La carta no.

E’ bene provare a spiegarlo una volta ancora ai nostri decisori politici: se tutti i cittadini (o almeno la stragrande maggioranza) utilizzassero una procedura online per certificare ogni spostamento, quei dati in tempo reale sarebbero registrati in un server e analizzati da un computer a prescindere dal fatto che un cittadino venga effettivamente fermato ad un controllo. Nel primo caso tutti i miei “spostamenti necessari” sarebbero contabilizzati, nel secondo solo quello in occasione del quale sono stato fermato. Gli altri non esistono. Mai fatti. Breve riepilogo dei vantaggi di una procedura digitale: risparmio di tempo per i cittadini che inseriscono i dati su un sito web o un app; risparmio di carta, certo; maggiore controllo sui flussi generali degli spostamenti con possibilità di fare una analisi delle cause; maggiore probabilità di individuare furbi e trucchi. (postilla per la privacy: in Francia con questo sistema valgono le stesse garanzie di quando ti ferma una pattuglia, ma è come se uno venisse fermato ogni volta che esce).

E invece come i precedenti moduli, anche questo si potrà scaricare dal sito web del Viminale, stampare, compilare a mano e consegnare personalmente alla pattuglia che dovesse fermarvi. L’unica vera novità è che come situazione di necessità si potrà scrivere “visita ai congiunti” e a quel punto agli agenti toccherà provare a districare il ginepraio creato dalle dichiarazioni spontanee - non di carta, ma tutte orali - dei vari ministri combinato dalle faq comparse ieri sul sito del Viminale. Immagino le domande: quanto è stabile la relazione che la sta portando fuori di casa? E di quale grado sono i parenti che sta andando a trovare? Sono i nipoti dei cugini? Sesto. Allora ok. Sono i cugini del coniuge? Allora sono affini, ma va bene lo stesso. Una esortazione a farsi furbi: chi ha un cugino di un bisnipote ha vinto.

Uno Stato sostanzialmente paternalista, che non avendo la forza di imporre limiti chiari pretende di misurare le nostre relazioni come se fossimo nell’800. E coerentemente ci fa compilare un modulo cartaceo. E poi ci stupiamo della incapacità di mettere in campo una piattaforma di big data per il monitoraggio del virus; e del dibattito rasoterra sulle funzioni della futura  app di tracciamento contatti. Speriamo nella fase 3.