I dati del virus, il Veneto e la piattaforma di cui abbiamo bisogno
Riccardo Luna
Aggiornato 2 minuti di lettura
Dietro "il Veneto che può riaprire tutto", come ha ribadito il presidente Zaia, non c'è soltanto una macchina organizzativa per fare tamponi che ha pochi eguali nel mondo (a settembre ci sarà una capacità di 50 mila tamponi al giorno); non ci sono soltanto i test sierologici - con mappatura genetica su base volontaria - che iniziano domani a Vo' Euganeo, il piccolo comune dove tutto è iniziato ma è anche, non per caso, finito subito.
Dietro il Veneto che è passato, in meno di due mesi, da un R0 (un tasso di contagiosità) di 3,405 a 0,7 (10 persone infette ne contagiano 7), c'è la tecnologia. Ma non c'è una app di contact tracing, quella app di tracciamento dei contatti dei contagiati che tutti i Paesi europei stanno sviluppando e che in Italia sarà disponibile a giugno.
Dietro c'è una piattaforma per l'analisi dei dati. Si chiama Digital Enabler e consente di mettere assieme in tempo reale i dati che provengono dai laboratori di microbiologia dove si analizzano i tamponi; quelli anagrafici (chi sei, dove abiti, qual è il tuo stato di famiglia); quelli del lavoro (dove lavori e con chi) o della scuola (idem).
In pratica è un sistema di biosorveglianza a disposizione delle autorità locali che integrando in tempo reale i dati già disponibili dalla pubblica amministrazione consente di fare due cose fondamentali: primo, ricostruire le relazioni (e quindi i contatti probabili: se sei positivo e hai una moglie e dei figli è altamente probabile che li abbia contagiati; lo stesso per i tuoi compagni di ufficio; saperlo ha senso solo se puoi immediatamente sottoporre tutti a tampone); secondo, poter costruire una mappa dinamica dell'epidemia, non regionale o provinciale, ma di quartiere, arrivando fino al singolo condominio.
Questa piattaforma il Veneto se l'è praticamente trovata in casa. La multinazionale romana Engineering l'aveva sviluppata qualche mese fa per tenere sotto controllo alcuni dati ospedalieri.
Quando il 21 febbraio si sono scoperti i primi focolai a Codogno (Lodi) e a Vo' Euganeo (Padova), Engineering ha subito reingegnerizzato la piattaforma per monitorare l'andamento del covid19 in Veneto.
Dopo una settimana funzionava ed è stato uno strumento fondamentale per prendere decisioni "data driven", basate sui dati e non sul fiuto.
Secondo diversi esperti del Ministero della Salute, quel sistema "è utilissimo e andrebbe usato ovunque".
Perché allora c'è solo in Veneto? E' una storia complessa e in un certo senso già vista. Per una questione di burocrazia, si potrebbe dire. Ma sarebbe forse ingeneroso. Per l'affanno a cui sono stati sottoposti in queste settimane quelli che potevano approfondire la materia e prendere una decisione.
Ecco, forse questa è la ragione di fondo per cui le cose si sono fermate. La piattaforma è stata presentata il 5 marzo allo staff del ministro per l'Innovazione (ma non così chiaramente, dicono dallo staff del ministro); poi è stata iscritta al bando InnovaItalia con cui lo stesso ministro chiedeva a tutte le realtà innovative di presentare soluzioni per contrastare il virus e sviluppare la telemedicina. A quel punto il progetto andava assegnato ad uno degli otto sottogruppi della task force di esperti incaricati di esaminare le candidature.
Ma è accaduto quello che accade quando a pallavolo arriva la palla nel tuo campo, e tutti quelli che dovrebbero prenderla dicono "tua!" e la palla casca a terra. La piattaforma in fondo non è una app, non è uno strumento di telemedicina e non fa analisi di rendiconto, ma aggrega dati in tempo reale per prendere decisioni migliori subito.
Insomma, dal ministero della Salute hanno atteso invano una decisione da parte della task force del ministro dell'Innovazione che a sua volta ha risposto che la decisione finale spettava al commissario per il potenziamento delle strutture ospedaliere - in effetti l'unico che può firmare un contratto e metterci dei soldi - che a sua volta ha fatto sapere che senza un via libera del ministero della Salute non poteva attivare alcun servizio.
Ora inizia la fase 2 e non abbiamo un sistema automatico nazionale, ma neanche tanti sistemi regionali, per tenere sotto controllo i dati, ricostruire le relazioni, monitorare l'andamento sul territorio.
Sono state giornate convulse, e qualcosa è rimasto indietro. Capita. Ma adesso il punto è: abbiamo o no bisogno di una piattaforma così? Se la risposta è sì, qualcuno dica "mia" è prenda questa palla. Altrimenti, buon per il Veneto.