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Meta è rimasta ancora fuori dall’indice Standard & Poor’s 500 ESG: cos’è e perché è importante

Meta è rimasta ancora fuori dall’indice Standard & Poor’s 500 ESG: cos’è e perché è importante
L’indice aggiorna regolarmente i parametri con cui classifica le aziende sostenibili: Meta è stata mandata in purgatorio a causa del metaverso
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L’indice Standard & Poor’s 500 ESG è pensato per misurare le prestazioni ecologiche, sociali e di governance (da cui la sigla ESG) delle aziende ad alta capitalizzazione di mercato, perché la transizione globale esige un’economia più sostenibile, tant’è che la vocazione di un’organizzazione agli ESG è sempre più collegata alla gestione dei rischi e dei rendimenti.

Ad aprile di ogni anno, l’indice riconsidera la metodologia con la quale valuta le imprese da inserire, e Meta di nuovo non figura nell’elenco, formato da 308 imprese.

Il purgatorio

Le motivazioni per le quali Meta è stata esclusa sono evasive, l’indice dichiara che è un’azienda “idonea ma non selezionata”. Occorre quindi comprendere cosa può celarsi dietro una dichiarazione tanto criptica. Poiché l’indice S&P 500 ESG è recente (risale al 2019), tanto quanto la sensibilità degli investitori nei confronti delle aziende che perseguono politiche di sostenibilità, Standard & Poor’s si riserva di tenere conto di valutazioni assunte in un periodo antecedente all’indice stesso. E questo ci rimanda proprio al 2019, anno in cui Meta (all’epoca Facebook) non è stata inserita a causa della sua fumosa politica di cessione dei dati agli inserzionisti che, tra le altre cose, include il Russiagate (esploso nel 2017 e relativo alle elezioni USA del 2016) e lo scandalo Cambridge Analytica (esploso nel 2018 e relativo ai 4 anni precedenti).

Nel 2020 Facebook è entrata nell’indice S&P 500 ESG poiché sono stati premiati gli sforzi che ha fatto (ritenuti migliori di quelli di molte altre aziende incluse nell’elenco) per allinearsi ai parametri dell’epoca. Considerazione che il Council of Institutional Investors, associazione statunitense che gestisce fondi per circa 4mila miliardi di dollari, non ha condiviso e che ha portato alla redazione di una missiva indirizzata alle alte sfere di S&P Dow Jones Indices LLC, multinazionale che gestisce anche l’indice S&P 500 ESG. Nella comunicazione si esplicitava la necessità che l’azienda di Mark Zuckerberg fosse nuovamente esclusa, adducendo, tra tante ragioni, anche il dubbio che il CEO non fosse in grado di affrontare le insidie del mercato senza avvalersi di consulenti capaci. In altre parole, ancora prima di considerare il potenziale ecologico e sociale di Facebook, il Council of Institutional Investors ha messo in discussione le capacità manageriali di Zuckerberg.

Ad aprile del 2021, Facebook (che sarebbe diventata Meta a ottobre) non appariva più nell’indice, così come è accaduto nel più recente aggiornamento del 2022, questa volta riconoscendo però di non essere stata inclusa benché papabile. Come a dire che, nonostante ci fossero i prerequisiti per farne parte, si è preferito lasciarla in panchina. Un atteggiamento che Bloomberg contribuisce a spiegare con le preoccupazioni degli azionisti che chiedono rassicurazioni circa i danni potenziali che il metaverso può arrecare.

Chi sale e chi scende

Altre Big Tech hanno resistito all’ennesimo aggiornamento dei parametri dell’indice S&P 500 ESG. Tra queste Alphabet, Amazon, Apple e Microsoft. Situazione simile a quella di Meta per Elon Musk, visto che anche Tesla è uscita dall’indice, nel quale è invece incluso il gigante petrolifero Exxon Mobil.