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Le piattaforme di trading e la democratizzazione della finanza

Le piattaforme di trading e la democratizzazione della finanza
BitPanda, eToro e le altre: investire in azioni e in criptovalute è diventato facile come acquistare su Amazon, quali sono i pro e i contro?
 
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Nel gennaio di quest’anno, il mondo si è accorto della rivoluzione in corso nella finanza. Coordinandosi su Reddit e utilizzando Robinhood (una delle più diffuse piattaforme di trading online), un agguerrito e vastissimo gruppo di piccoli investitori ha fatto crescere il valore delle azioni di Gamestop del 2000% (da 17 a 340 dollari), mettendo in serissima difficoltà perfino i grandi fondi di Wall Street che, al contrario, stavano scommettendo sul continuo calo delle azioni legate a una catena di negozi fisici di videogiochi.

Da una parte, si è parlato di rivincita delle persone comuni contro l’1% dell’alta finanza. Dall’altra, degli enormi rischi connessi a una spregiudicata manipolazione del mercato condotta via social. La parola più utilizzata è stata però un’altra: democratizzazione. Attraverso le nuove app di trading, che danno la possibilità di investire in azioni via smartphone con la semplicità con cui si fanno acquisti su Amazon, è venuta meno la principale barriera che impediva a chiunque di improvvisarsi un piccolo Gordon Gekko. È proprio così?

“Democratizzazione della finanza è un’ottima definizione di cui però si abusa un po’ troppo”, ha spiegato nel suo intervento al Fintech Summit di Milano Eric Demuth, ceo di BitPanda, piattaforma di trading nata a Vienna nel 2014. “Dare alle persone un’applicazione con cui è sufficiente un click per fare trading non è democratizzare: è necessario anche educare, far diventare tutto comprensibile, creare contenuti che spieghino i meccanismi e il contesto”. 

Il timore è che la diffusione di queste piattaforme crei le condizioni per la nascita di continue piccole bolle come quella di Gamestop, moltiplicando i pericoli per gli investitori poco attenti, che puntando a facili guadagni rischiano di restare con il cerino in mano. “Possono sempre esserci delle circostanze uniche che creano eccessive aspettative, ma quando vuoi ottenere degli elevati ritorni devi sapere che ti stai assumendo anche dei grandi rischi: le due cose sono correlate”, ha spiegato sempre durante il Fintech Summit Yoni Assia, fondatore e ceo di eToro, piattaforma di trading israeliana con oltre oltre 20 milioni di utenti e 600 milioni di fatturato. 

Il principio fondamentale è sempre lo stesso: mai investire più di quanto ci si possa permettere di perdere. Applicazioni come eToro, che hanno una forte anima social, consentono inoltre di osservare come si muovono in questo complicatissimo settore gli investitori più esperti e anche, volendo, di copiare automaticamente ogni loro mossa, decidendo quanto esporsi economicamente. Altre piattaforme, come la stessa BitPanda (ma anche quelle specializzate in criptovalute, come Coinbase o Binance), puntano invece sulle “academy”: brevi corsi per imparare i meccanismi base della finanza e dei vari strumenti e beni a disposizione. “Non si possono dare alle persone solo i mezzi per investire, bisogna preoccuparsi anche della loro educazione, visto che – secondo me sbagliando – la finanza non viene insegnata nelle scuole”, prosegue il ceo di BitPanda, piattaforma che ha recentemente superato i 4 miliardi di dollari di valutazione.

L’educazione diventa ancora più importante dal momento che queste applicazioni sono state tra le prime a puntare su un mercato volatile e rischioso come quello delle criptovalute, settore in cui è specializzata da sempre BitPanda (che solo in un secondo momento ha diversificato la sua offerta) e che anche eToro ha introdotto già nel 2013, prima con Bitcoin e poi con moltissime altre monete digitali. “Personalmente sono molto ottimista per quanto riguarda le criptovalute”, spiega Yoni Assia. “Penso che la fase in cui potevano essere solo una moda passeggera sia passata da tempo e che i bitcoin possano davvero essere l’oro digitale. Per quanto riguarda la tecnologia della blockchain o applicazioni come la DeFi (finanza decentralizzata), credo che possano essere innovazioni molto interessanti, soprattutto se consideriamo quanto sia ormai logoro il sistema informatico finanziario tradizionale”.

È quindi sbagliato continuare a considerare le criptovalute come un far west della finanza, deregolamentato e basato esclusivamente sulla speculazione? “Anche le azioni tradizionali sono un bene speculativo”, ha spiegato durante il suo intervento Eric Demuth di BitPanda. “Il rischio sta nella volatilità e nella scarsa regolamentazione, ma col tempo entrambi i problemi si stanno risolvendo. Più il mercato cresce, più diventa regolamentato e professionale: potremmo dire più maturo. Il fatto che sia ancora oggi volatile non significa comunque che sia un semplice azzardo: dal mio punto di vista è un ottimo investimento a lungo termine”. 

Tutto ciò, ovviamente, non dev’essere preso come un consiglio finanziario, ma soltanto come il punto di vista di chi, peraltro, guadagna proprio grazie alle persone che investono in criptovalute e altro. Sotto questo aspetto va comunque segnalato come la regolamentazione europea delle piattaforme di trading sia più rigida di quella statunitense e non consenta agli investitori meno esperti o meno dotati economicamente di assumersi certi rischi. Ed è anche per questa ragione che Demuth rifiuta l’etichetta di Robinhood europeo: “Non mi paragonerei con loro, il sistema statunitense è completamente diverso: lì si possono fare cose che da noi sono vietate perché troppo pericolosa. E personalmente penso che sia giusto così”.