Sferico, simile ad una cellula, con all’interno un liquido che funziona come un computer e una pelle in grado di ripararsi da sola e di percepire le pressioni esterne come fosse uno schermo tattile. Il dna del robot Cogitor, che verrà sviluppato grazie a tre milioni e mezzo di euro forniti dall’Unione europea, non ha nulla a che fare con quel che abbiamo visto fino ad oggi. E’ il primo esempio di una nuova specie di macchine, che va sotto il nome di "robotica liquida", capace di sondare le profondità dell’oceano, giacimenti sotterranei, gli anfratti di un asteroide privo di gravità o all’estremo opposto pianeti gassosi dove la pressione è proibitiva come Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Progetto che avrà la durata di quattro anni e sarà guidato dall’Istituto italiano di Tecnologia (Iit) di Genova, in collaborazione con la University of the West of England, i laboratori svizzeri dell’Empa specializzati in nuovi materiali, Plasmachem di Berlino e Ciaotech, divisione italiana della multinazionale belga Pno.
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“I robot o antropomorfi richiedono un impiego enorme di risorse”, commenta Alessandro Chiolerio, 41 anni, a capo del progetto. “Camminare su due gambe è complicatissimo per una macchina, come avere la nostra capacità manuale. Serve potenza di calcolo e tanta energia. Meglio trarre spunto da altri aspetti della natura, secondo il compito che il robot deve svolgere”. Orgogliosamente astigiano, come ci tiene a sottolineare, Chiolerio ha un passato da ricercatore al Politecnico di Torino prima di approdare all’Iit. Ma ha anche speso due anni ai Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa di Pasadena, dove fra le altre cose hanno costruito i rover. Qui, assieme ad un altro scienziato italiano, Marco Quadrelli, il ricercatore dell'dall’Istituto italiano di Tecnologia ha messo a punto la prima idea di un robot liquido che opera grazie a piccole quantità di energia prodotte autonomamente sfruttando le differenze di temperatura dell’esterno.
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