“Da anni ci occupiamo dei senzatetto in varie parti del mondo. In Italia abbiamo avviato un programma con la Comunità di Sant'Egidio, che finora ci ha permesso di dare casa, e in qualche caso lavoro, a 18 persone”. Sotto gli affreschi di una delle sale della sede romana della Comunità, Chuck Robbins dà il via al suo tour in Europa per incontrare aziende, partner e governi. È amministratore delegato e presidente di Cisco Systems, tra i principali produttori di apparecchiature per il networking nel mondo, ma è noto per le sue posizioni liberiste sul commercio (è stato tra i primi a opporsi ai dazi di Trump contro la Cina), per le sue idee innovative sui metodi di lavoro, per le sue prese di posizione sui temi sociali. “I problemi del mondo di oggi sono enormi: governi e imprese possono affrontarli meglio insieme. Le grandi aziende devono avere la consapevolezza che possono svolgere un ruolo significativo. Anche da sole, come ad esempio nella riduzione dei gas serra: oggi Cisco usa solo energie rinnovabili negli Stati Uniti e in sette Paesi in Europa, e l'obiettivo è di farlo a livello globale”.
La mission di Cisco è connettere le persone, e la pandemia è stata per molti un periodo di isolamento. Com'è cambiato il ruolo dell’azienda in questi mesi?
“La pandemia ha affermato definitivamente l'importanza della tecnologia e la forza di Internet. Il traffico globale è cresciuto del 40-45%, e abbiamo avuto la prova che la banda larga serve a tutti: per imparare, per lavorare, per divertirsi, per curarsi. Il nostro ruolo è costruire la prossima generazione di Internet per supportare le applicazioni che verranno”.
Abbiamo trascorso ore e ore su Webex. Continueremo quando la pandemia sarà finalmente passata?
“Possiamo e dobbiamo creare le premesse per un mondo ibrido, oggi ci si aspetta di poter lavorare in casa come in ufficio. Webex e le tecnologie simili saranno fondamentali perché in ogni riunione ci sarà almeno un partecipante da remoto, quindi dobbiamo assicurarci che sia un'esperienza inclusiva per tutti. Dal punto di vista delle aziende, questo però è anche un vantaggio: possiamo assumere un dipendente in luoghi ai quali avremmo mai pensato prima”.
È ciò che lei ha definito “democratizzare l'accesso al talento”. Per superare il gap digitale c’è però ancora molto da fare, come si è visto a Roma durante Women20, il G20 per le donne.
“In molti Paesi si laureano più donne che uomini, ma calano quelle che scelgono l’ambito STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Per questo noi abbiamo Coding Girls, poi il programma Cisco Network Academy, che contribuisce all'educazione delle donne alla tecnologia: quest'anno arriveremo a 3 milioni di studenti in tutto il mondo, dei quali il 40% donne. Il mio team dirigente è composto per la metà di donne, e come azienda ci stiamo impegnando per costruire esempi concreti di carriere al femminile. Ogni lavoro in futuro avrà un aspetto tecnologico significativo, e ci dovrà essere posto per tutti i sessi, tutte le etnie, tutte le culture: l’educazione sarà continua e costante”.
Abbiamo davvero bisogno di tornare alla normalità di prima del Covid o questa è un'occasione per immaginare qualcosa di diverso?
“Negli Stati Uniti molti si sono trasferiti in città diverse o in aree rurali, hanno comprato case più grandi con spazi per lavorare da remoto. In Italia in tanti vorrebbero più flessibilità sul lavoro e penso che questo valga per tutto il mondo. Per un'azienda tornare ai vecchi schemi è sbagliato, ma io sono certo che molte cose successe negli ultimi 18 mesi rimarranno”.
In questo periodo ci è stata posta spesso l'alternativa tra privacy e sicurezza: è davvero una scelta obbligata?
“Per Cisco la privacy è un diritto umano fondamentale Privacy e sicurezza sono necessarie, e penso che non si debba scegliere una o l’altra. Senza sicurezza un dato non rimarrà privato molto a lungo: si può decidere di non rendere pubbliche certe informazioni, ma qualcun altro lo farà, che ci piaccia o no, quindi la scelta in realtà non esiste. Dobbiamo trovare un modo per mettere insieme queste due esigenze, e con tutte le grandi innovazioni tecnologiche di cui siamo capaci, non vedo perché non potremmo farcela”.
Col 5G cambierà qualcosa?
“Collegherà più cose, che dovranno a loro volta essere protette”.
Quindi più affari per Cisco?
“Lo speriamo. Col 5G si aprirà certamente un panorama di minacce più ampio, ma sarà anche possibile connettere persone, processi, oggetti, in precedenza destinati a rimanere isolati. Questo fornirà nuove opportunità e aiuterà la nascita di una nuova economia globale che porterà benefici per tutti”.
Cosa pensa della proposta europea di tassare le grandi aziende tecnologiche dove incassano?
“Non ci riguarda direttamente perché per noi è già così. Ma sono incoraggiato dal fatto che stiamo discutendo insieme e che ogni Paese non stia cercando solo di difendere i propri interessi. È questa l’unica via per trovare soluzioni che funzionano in tutto il mondo, che si tratti di standard, tasse, politiche, privacy, flussi di dati transfrontalieri”.
Cosa può fare Cisco per l'Italia e cosa può fare l'Italia per Cisco?
“Nel 2019 abbiamo aperto a Milano un centro di eccellenza e co-innovazione su cybersicurezza e privacy. All'Expo del 2015 abbiamo iniziato a lavorare sull'agricoltura connessa e investire sulla sostenibilità. Se prendiamo i punti di forza dell’Italia e li abbiniamo a una strategia digitale aggressiva può nascerne una spinta potente per tutto il Paese”.