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Soldo diventa un unicorno. Il fondatore: “Ho dovuto barare perché mercato e investitori non capivano quello che facevamo”

Soldo diventa un unicorno. Il fondatore: “Ho dovuto barare perché mercato e investitori non capivano quello che facevamo”
Dopo Virgilio, Fineco e Gioco Digitale, Carlo Gualandri a 56 anni sta guidando una startup anglo-italiana alla conquista del mercato della gestione delle spese attraverso carte prepagate e una piattaforma di gestione
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C’è un unicorno che si chiama Soldo. La startup fondata nel 2015 da Carlo Gualandri ha chiuso negli scorsi giorni un round di investimento di serie C dal valore di 180 milioni di dollari guidato dal fondo sovrano di Singapore, Temasek, che ne porta il valore oltre il miliardo di dollari. Soldo fornisce alle aziende una piattaforma di amministrazione e un conto corrente a cui sono collegate carte prepagate così da automatizzare e controllare le spese aziendali. L’investimento raccolto servirà a Soldo per espandersi ulteriormente in Europa e continuare lo sviluppo del prodotto. 

La valutazione di Soldo, stimata da Dealroom attorno ai 300 milioni di euro prima del round, non è stata ufficialmente comunicata. Si tratta però del più grosso round nel mercato dell’amministrazione delle spese aziendali (spend management), in cui il record precedente era stato stabilito due settimane fa da Pleo, startup danese che ha raccolto 150 milioni di dollari a 1,7 miliardi di dollari di valutazione con il 35 per cento di clienti in meno rispetto a Soldo. Anche per Pleo si è trattato di un serie C, un investimento che certifica il lavoro svolto e prepara all’espansione. E come Pleo, anche il round di Soldo è stato superiore a quanto preventivato. “Siamo tutti lì, c’è anche Spendesk – dice Gualandri, citando la startup francese che lo scorso ottobre ha chiuso un round B a una valutazione leggermente inferiore di quelle dei competitor allo stesso stadio – Poi c’è chi dice queste cose, ma io credo che porti anche sfortuna. La cosa importante è che questo round ci garantisce di stare qui per i prossimi dieci anni e ci aiuterà ad attrarre ulteriori talenti. E poi ci sono i nomi degli investitori, aziende che ti fanno le pulci prima di investire, e se poi investono significa che hanno visto cose interessanti”. Oltre a Temasek, il cui portfolio include Adyen, Dell, Paypal e Visa, al round hanno partecipato i fondi americani Sunley House Capital (che fa capo ad Advent International e ha in precedenza investito in Nexi) e Citi Ventures (Citigroup), e i precedenti investitori Accel, Battery Ventures, Dawn Capital, e Silicon Valley Bank, che ha coperto una piccola parte di credito. 

Carlo Gualandri, fondatore di Soldo
Carlo Gualandri, fondatore di Soldo 

“Non è la prima volta che faccio cose che poi diventano unicorni, e con il senno di poi non conta nulla. L’unica cosa che conta è quello che raggiungi”. Gualandri, oggi 56enne, ricorda la bolla del 2000, quando Tiscali valeva più di Fiat. Erano gli anni in cui faceva Matrix, poi divenuta Virgilio, con cui ha contribuito alla nascita di Fineco, la prima banca online in Italia, prima di fondare Gioco Digitale, acquisita da Bwin nel 2009 per 45 milioni di euro: “Sono tutte ancora lì e hanno rappresentato un passaggio importante per tante persone, molte delle quali lavorano ancora con noi”. Soldo ha circa 200 dipendenti divisi fra Italia (Milano e Roma), Londra e Dublino. Gualandri vuole parlare del valore del round e degli investitori, dei clienti (26mila in 31 paesi, fra cui Mercedes Benz, Gymshark, GetYourGuide, Endemol, Bauli, e Brooks Running) e del volume di spese aziendali gestite (cresciuto di quattro volte rispetto al round B del 2019). “Il resto per noi sono vanity metrics, anche se sono interessanti per gli investitori. Nei prossimi anni si vedrà l’evoluzione, diventeremo tutti aziende grandi raccogliendo percentuali di mercato a una singola cifra”. Il mercato è quello europeo, che vale 170 miliardi di dollari: “Pensa a tutto il PIL generato dalle aziende, togli il margine, e quello che rimane sono grosso modo le spese aziendali”. 

Gualandri si è trasferito in Inghilterra dieci anni fa “per esporre i miei figli a un mondo più ampio e a una maggior ricchezza di stimoli, così da aiutarli a uscire dalla loro comfort zone”. In realtà, la sfida più grossa l’ha affrontata lui stesso. Da anni conviveva con la sensazione che ci fosse il bisogno di risolvere un problema, ovvero il controllo di denaro di proprietà di un soggetto e gestito da altri. Essere costretto a prestare la propria carta di credito al figlio per giocare sulla Playstation, insomma, proprio non gli andava già. L’idea di Soldo però nacque il giorno che una banca inglese si rifiutò di alzare il plafond della carta di credito usata da una startup a cui Gualandri stava lavorando. “Mi serviva una linea di credito di 40mila sterline per fare marketing su Facebook, ma loro non capivano che io i soldi li avevo già e li volevo solo spendere”. Tornato a casa, Gualandri rispolvera una vecchia idea, la Virgilio Card, una sorta di N26 ante litteram (ma all’epoca una banca in un’app non era fattibile) e nasce Soldo. “Mi ero già occupato di pagamenti in Fineco e Gioco Digitale, anche se in tutt’altro modo. Ci ho pensato un po’ su, ho provato tutte le combinazioni di parole inglesi possibili, poi ho scelto un termine italiano, soldo, che richiama la moneta con cui venivano pagati i soldati, e ho scelto quello. La lingua italiana è molto ricca e apprezzata all’estero. Soldo era banale, ma cool”. È il 2015 e il guaio è che questa volta il problema cui si dedica Gualandri non lo percepisce nessuno. Il mondo intorno a Soldo si sta ancora occupando di incassare i pagamenti online: le grandi aziende sono alle prese con Stripe e le famiglie disposte a pagare per Soldo sono poche. Di conseguenza, gli investitori non ci sentono. “Allora ho deciso di barare”.

I primi due round di Soldo sono guidati da Gualandri stesso, che investe la metà degli 8 milioni di euro raccolti per costruire l’azienda, sviluppare il prodotto e testarlo sul mercato (gli altri investitori sono U-Start, Connect Ventures, InReach Ventures, R204 Partners e Ithaca Investments). Il tutto è reso più difficile dal fatto che in Inghilterra quello che da noi è considerato uno dei padri di internet è uno startupparo come un altro, per di più attempato. “Ma per parlare ai responsabili finanziari di un’azienda devi avere una certa esperienza, e i giovani è difficile ce l’abbiano”. Gualandri non si dà per vinto e aggira il problema: Soldo inizia a lavorare su casi d’uso specifici come la gestione delle spese di viaggio, gli acquisti online e il marketing digitale, e nel frattempo conduce ricerche che destano l’interesse delle aziende. L’ultima lo scorso giugno: lo scarso controllo delle spese costa alle imprese europee il 2 per cento del proprio fatturato. Così iniziano ad arrivare i clienti, e nel 2017 Accel, uno dei primi fondi di venture capital al mondo, si convince a investire. A quel punto però c’è da fare i conti con la Brexit.

“Per noi è stato peggio della pandemia, con il dovuto rispetto per i morti. Perché quest’ultima ci ha presentato sfide che ci hanno costretto a rimettere in discussione certi punti fermi, e ci ha permesso di diventare migliori, mentre la Brexit ci ha solo tagliato l’accesso al mercato europeo”. Il team di Soldo ha dovuto “rifare tutto quello che avevamo fatto in tre anni”, racconta Gualandri, che per continuare a servire il vecchio continente ha dovuto spostare l’azienda da Londra a Dublino e creare una banca irlandese. Nel frattempo però il mercato, che già faticava a percepire il problema, ha iniziato a guardare a Soldo. Purtroppo i potenziali clienti cercano qualcosa di molto meno complicato. E i competitor, con soluzioni meno sofisticate, crescono velocemente. “E il mercato chiedeva anche meno di quello che offrivano loro”. 

“Pensare di aver capito quello di cui il mercato ha bisogno è solo il punto di partenza – considera Gualandri – Poi il cliente ha sempre ragione. Come amministratore delegato rappresento il mercato e guardo alle cose in un certo modo, ma non sono rappresentativo del mercato”. Soldo aveva un prodotto di fascia alta, ricco di funzioni che alla maggior parte dei potenziali clienti però non interessavano. Così il team di sviluppo, basato per lo più in Italia, lo ha trasformato in qualcosa di semplice da usare, nascondendo le funzioni avanzate, imprescindibili per la fascia alta dei clienti, che diventano disponibili quando richieste. “Alla gente devi dare quello che si aspetta – analizza Gualandri – Però se vuoi scalare devi costruire oggi l’azienda che dovrai guidare fra tre anni”.

L’avventura di Soldo è di certo ancora lunga, ma a Carlo Gualandri non si può non chiedere cosa farà dopo. Risponde sorridendo: “Fra dieci anni mi piacerebbe continuare a sbattere la testa su cose difficili, ma senza più essere io quello che non dorme di notte e lavora nel weekend”.