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La tecnologia che c’è dietro il Green Pass

La tecnologia che c’è dietro il Green Pass
Una prima versione dovrebbe partire il primo giugno. Non è ancora tutto definito ma quache dettaglio c'è già e permette di capire il funzionamento concreto del sistema, che userà Qr Code, firme digitali e app (IO e forse Immuni)
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Il Green Pass, il documento che permetterà di viaggiare in Europa in questa seconda estate con la pandemia da coronavirus, è collegato a un semplice foglio cartaceo da valutare a vista, ma a breve (nelle intenzioni del governo, già dal primo giugno) sarà un certificato collegato a un’infrastruttura tecnologica per la verifica a distanza, in qualunque Paese dell’Unione europea. Potrà essere cartaceo o digitale, ma comunque con un Qr Code che le forze dell’ordine (o altri soggetti autorizzati) potranno leggere con un’app per verificarne la validità, come svelato dal governo alle Regioni prima che questi dettagli finiscano in un decreto legge.

Non è finita, perché già da luglio questo sistema avrà due importanti evoluzioni. La prima sarà un dialogo con l’infrastruttura europea (tramite un gateway), possibile perché il Green Pass italiano già adotta gli standard tecnologici previsti dall’Ehn, lo European Health network; questo collegamento permette la verifica del Green Pass italiano in un qualunque Paese dell’Ue (e viceversa quello di altri cittadini europei in visita in Italia).

“La seconda novità sarà la possibilità di tenere il Green Pass non su un foglio a parte (cartaceo o digitale che sia, ndr) ma integrato in un’app, che secondo le slide del governo potrebbe essere Immuni oppure IO. O tutte e due”, ci ha spiegato Massimo Mangia, tra gli storici esperti di sanità digitale in Italia, a lungo presidente di Federsanità e fondatore della startup Alkimiya.

Le prime due fasi del Green Pass
Tre fasi, quindi, per questo strumento che dovrebbe facilitare la vita a chi vuole viaggiare e rispetta uno dei tre requisiti che servono per ottenerlo: essere vaccinato, guarito dal Covid-19 o con tampone che attesta l’assenza del virus (qui i diversi tempi di validità per queste condizioni).

“Ora siamo nella fase pre-tecnologica: il Green Pass non è nemmeno qualcosa di preciso perché equivale a poter dimostrare il rispetto di una delle tre condizioni - ci ha spiegato Mangia - abbinate ad altrettanti documenti cartacei diversi, facilmente falsificabili, per quanto sia questo un reato punito severamente”.

La svolta sarà nella fase due: “Sogei (azienda tecnologica di Stato, ndr) sta predisponendo una piattaforma che gestirà il tutto su base nazionale. Qui arriveranno vari flussi di dati, quello dei certificati di vaccinazione per l’anagrafe vaccinale nazionale, quello dei test diagnostici e quello dei certificati di guarigione, tutti gestiti attraverso la tessera sanitaria”. Sogei firmerà digitalmente questi dati per evitare contraffazioni. Quando qualcuno si presenterà con un certificato (di test, guarigione o vaccinazione), il verificatore potrà “leggerlo” con un’app (anch’essa in via di realizzazione da Sogei) attraverso il Qr Code. L’app verificherà se quelle informazioni presenti sul certificato sono vere, confrontandole con i dati corrispondenti presenti sulla piattaforma Sogei.

Sarà possibile ottenere il certificato da una struttura sanitaria, come farmacia, medico di base, laboratori diagnostici, Asl, centri vaccinali e così via, ma anche potrà scaricarlo dal proprio fascicolo sanitario o da un sito che sempre Sogei sta sviluppando, usando codice fiscale e numero di tessera sanitaria.

Da luglio, grazie al regolamento in arrivo, ci sarà il dialogo con l’infrastruttura europea: i dati resteranno nel Paese di origine della persona controllata e non in quello del Paese visitato.

La fase 3 del Green Pass
La terza fase dovrebbe aumentare la comodità del tutto in Italia con un’integrazione del documento sulle app IO oppure Immuni: significa che basterà entrare su queste app, magari già installate, per trovare il proprio Green Pass. Almeno: questa è una delle ipotesi presentate dal governo alle Regioni, perché la modifica delle app e il relativo confronto con il Garante della Privacy prenderanno tempo.

Secondo Mangia, “le tempistiche sono una sfida in generale, già nella seconda fase”: com’è noto, il Garante della Privacy ha dato un primo stop al Green Pass italiano e avviato un’interlocuzione accesa con il governo.

“Abbiamo chiesto che il Green Pass non visualizzi i dati di dettaglio, ossia se la persona si è vaccinata e dove, o dove ha fatto il tampone, o quando è guarito”, ci ha chiarito Guido Scorza, che lavora proprio per il Garante; il motivo è il principio universale della minimizzazione del dato: “Il verificatore non ha bisogno di sapere questi dettagli, ma solo che il certificato è valido”.

Secondo Mangia, però, “va anche detto che lo standard europeo prevede questi dettagli, in vista di una possibile differenziazione d’uso. Per esempio, uno Stato potrebbe decidere di dare più libertà di azione a chi ha il Green Pass da vaccinato o guarito e darne meno a chi ha solo un tampone negativo da meno di 48 ore, perché questo criterio offre minore affidabilità”.

Tutti i dettagli su come potrebbe essere usato il Green Pass (oltre che per viaggiare, cioè) attendono di essere chiariti in futuri interventi normativi, che sono già allo studio.