ROMA - Il 39% degli adulti e il 51% degli adolescenti. Ovvero 20 milioni circa di italiani. Singolarmente, lo stesso numeri di persone che secondo Gfk, i loro dati sul consumo culturale li abbiamo pubblicati su Robinson questa domenica, non comprano un solo biglietto del cinema, un brano in mp3, un libro o un videogame. Stavolta però parliamo di pirateria, o meglio di individui che scaricano o guardano illegalmente film e serie tv. Li ha fotografati l’ultimo rapporto della Ipsos commissionato dalla Fapav, la Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali che ha fra i suoi membri Agis, Anica, Univideo. Erano sei anni che non ne veniva realizzato uno nuovo. E sei anni fa il mondo dell’intrattenimento visivo era una cosa completamente diversa da quella di oggi. Ne emerge un quadro fatto di ombre e qualche luce, che tutti durante la presentazione a Roma hanno sottolineato quasi si trattasse di un mantra.
"C’è un cambiamento culturale in atto, grazie alle nuove piattaforme di distribuzione legale di film e serie tv", commenta in un messaggio video Pietro Grasso, il presidente del Senato. Ribadisce il concetto poco dopo Nicola Borrelli, direttore generale Cinema del ministero dei Beni culturali: "l’offerta legale, semplice da raggiungere e a prezzi ragionevoli, è una parte importante della risposta alla pirateria". Il riferimento è chiaramente a servizi come quelli di Netflix, Now Tv di Sky, Infinity, Amazon Video che dal 2016 in poi sono cresciuti in maniera esponenziale in Italia. Ma andiamo per gradi. Meglio, torniamo ai numeri: dal rapporto Ipsos emerge che, nel complesso si stimano quasi 669 milioni di "atti" di pirateria compiuti nel 2016. I film sono il contenuto piratato più spesso e dal maggior numero di persone: il 33% della popolazione adulta, con oltre 370 milioni di atti di pirateria. Nonostante sia il più diffuso, il fenomeno della pirateria di film risulta inferiore rispetto a sei anni fa: -4% (era 37% nel 2010) e -3% in termini di atti. Mentre sono aumentati nettamente i pirati di serie e di programmi televisivi: nel 2010 erano, rispettivamente, il 13% e l’11% della popolazione, oggi il 22% e il 19%. E questo riflette banalmente il peso maggiore che le serie hanno conquistato negli ulti tempi.Il fenomeno quindi non cala, casomai si trasforma. Ma è anche vero che l'offerta dello streaming da noi è arrivata di fatto solo lo scorso anno.
La tipologia di pirateria più diffusa è quella digitale, che coinvolge il 33% della popolazione italiana e mostra un trend in crescita rispetto a sei anni fa. Tra il 2010 ed oggi si è assistito ad un aumento del 78% degli atti di pirateria digitale, mentre sono diminuiti dell’81% gli atti di pirateria fisica, in poche parole l’acquisto di dvd illegali. L’impatto economico è valutato a 686 milioni di euro e 6540 posti di lavoro persi. Il primo dato però è una valutazione fatta chiedendo cosa le persone avrebbero fatto se non avessero guardato la serie o il film scaricato, calcolando il mancato guadagno per quella attività.
“I giovani devono imparare a rispettare le persone che lavorano nel cinema e nella tv e che nel 96% dei casi non appare mai ma resta a lavorare dietro le quinte”, fa notare Christopher J. Dodd, presidente Motion Picture Association of America. Il problema non è italiano, è globale. Bisogna non solo agire bloccando i siti pirata, ne sono stati chiusi poco meno di mille in Europa, ma puntare anche sull’offerta. Oggi esistono 480 servizi legali di distribuzione online nel mondo. Dobbiamo assolutamente averne di più”.
Chi compie atti illeciti oggi ha un profilo molto ben delineato, secondo la Ipsos: è uomo (55%), lavoratore (54%), in una posizione dirigenziale o di lavoro autonomo più frequentemente rispetto alla media della popolazione italiana e con un titolo di studio più elevato (62% diplomati). Questo identikit smonterebbe l’accezione comune che la pirateria derivi da oggettive difficoltà economiche. I pirati sono inoltre più giovani della media italiana, specie quelli digitali, e appaiono più “connessi e tecnologici”: lettori DVD e/o Blu-ray, smart TV e consolle per videogiochi connesse a internet sono strumenti che li caratterizzano. E più degli altri sono inoltre coinvolti o interessati alle forme della cosiddetta “sharing economy”, dal crowdfunding al car/bike-sharing e via discorrendo. "Noi chiediamo solo che le norme vigenti vengano applicate", chiede Federico Bagnoli Rossi, segretario generale della Fapav, facendo riferimento alle sanzioni penali che raramente vengono applicate. Bagnoli Rossi chiama in causa anche i servizi italiani di vendita online di film, Chili Tv tanto per citarne uno, che secondo lui aiuterebbero a combattere il fenomeno. Peccato che i prezzi applicati, da loro come da altri fra i quali iTunes della Apple, siano in genere talmente alti da rendere l’acquisto su digitale privo di senso. E peccato anche che l’offerta di servizi "accessibili e dai prezzi accettabili" che permetterebbe di combattere la pirateria sia arrivata da oltreoceano quando era chiaro da anni che sarebbe stata l'unica risposta praticabile.
La dimensione culturale, parafrasando le parole del presidente Grasso, la da Giampaolo Letta, figlio di Gianni, e amministratore delegato di Medusa Film. Durante la tavola rotonda finale si è lamentato del tempo necessario per chiudere quei siti pirata che rendono disponibili i film anche prima che escano in Italia. Considerazione sorprendente nell’era della contemporaneità, dove l’unica chiave che funziona è quella di offrire un contenuto ovunque nel mondo allo stesso tempo proprio per evitare la diffusione delle copie pirata. Il passaggio successivo sarebbe quello di pubblicare online i film mentre arrivano nelle sale, a prezzi magari maggiori. In tanti continuerebbero ad andare al cinema e tanti altri che oggi non ci vanno potrebbero pagare per vedere quella stessa pellicola a casa via streaming. Ma questa, appunto, è una rivoluzione culturale. E in Italia ci vorrà ancora del tempo prima che prenda piede.
"C’è un cambiamento culturale in atto, grazie alle nuove piattaforme di distribuzione legale di film e serie tv", commenta in un messaggio video Pietro Grasso, il presidente del Senato. Ribadisce il concetto poco dopo Nicola Borrelli, direttore generale Cinema del ministero dei Beni culturali: "l’offerta legale, semplice da raggiungere e a prezzi ragionevoli, è una parte importante della risposta alla pirateria". Il riferimento è chiaramente a servizi come quelli di Netflix, Now Tv di Sky, Infinity, Amazon Video che dal 2016 in poi sono cresciuti in maniera esponenziale in Italia. Ma andiamo per gradi. Meglio, torniamo ai numeri: dal rapporto Ipsos emerge che, nel complesso si stimano quasi 669 milioni di "atti" di pirateria compiuti nel 2016. I film sono il contenuto piratato più spesso e dal maggior numero di persone: il 33% della popolazione adulta, con oltre 370 milioni di atti di pirateria. Nonostante sia il più diffuso, il fenomeno della pirateria di film risulta inferiore rispetto a sei anni fa: -4% (era 37% nel 2010) e -3% in termini di atti. Mentre sono aumentati nettamente i pirati di serie e di programmi televisivi: nel 2010 erano, rispettivamente, il 13% e l’11% della popolazione, oggi il 22% e il 19%. E questo riflette banalmente il peso maggiore che le serie hanno conquistato negli ulti tempi.Il fenomeno quindi non cala, casomai si trasforma. Ma è anche vero che l'offerta dello streaming da noi è arrivata di fatto solo lo scorso anno.
La tipologia di pirateria più diffusa è quella digitale, che coinvolge il 33% della popolazione italiana e mostra un trend in crescita rispetto a sei anni fa. Tra il 2010 ed oggi si è assistito ad un aumento del 78% degli atti di pirateria digitale, mentre sono diminuiti dell’81% gli atti di pirateria fisica, in poche parole l’acquisto di dvd illegali. L’impatto economico è valutato a 686 milioni di euro e 6540 posti di lavoro persi. Il primo dato però è una valutazione fatta chiedendo cosa le persone avrebbero fatto se non avessero guardato la serie o il film scaricato, calcolando il mancato guadagno per quella attività.
“I giovani devono imparare a rispettare le persone che lavorano nel cinema e nella tv e che nel 96% dei casi non appare mai ma resta a lavorare dietro le quinte”, fa notare Christopher J. Dodd, presidente Motion Picture Association of America. Il problema non è italiano, è globale. Bisogna non solo agire bloccando i siti pirata, ne sono stati chiusi poco meno di mille in Europa, ma puntare anche sull’offerta. Oggi esistono 480 servizi legali di distribuzione online nel mondo. Dobbiamo assolutamente averne di più”.
Chi compie atti illeciti oggi ha un profilo molto ben delineato, secondo la Ipsos: è uomo (55%), lavoratore (54%), in una posizione dirigenziale o di lavoro autonomo più frequentemente rispetto alla media della popolazione italiana e con un titolo di studio più elevato (62% diplomati). Questo identikit smonterebbe l’accezione comune che la pirateria derivi da oggettive difficoltà economiche. I pirati sono inoltre più giovani della media italiana, specie quelli digitali, e appaiono più “connessi e tecnologici”: lettori DVD e/o Blu-ray, smart TV e consolle per videogiochi connesse a internet sono strumenti che li caratterizzano. E più degli altri sono inoltre coinvolti o interessati alle forme della cosiddetta “sharing economy”, dal crowdfunding al car/bike-sharing e via discorrendo. "Noi chiediamo solo che le norme vigenti vengano applicate", chiede Federico Bagnoli Rossi, segretario generale della Fapav, facendo riferimento alle sanzioni penali che raramente vengono applicate. Bagnoli Rossi chiama in causa anche i servizi italiani di vendita online di film, Chili Tv tanto per citarne uno, che secondo lui aiuterebbero a combattere il fenomeno. Peccato che i prezzi applicati, da loro come da altri fra i quali iTunes della Apple, siano in genere talmente alti da rendere l’acquisto su digitale privo di senso. E peccato anche che l’offerta di servizi "accessibili e dai prezzi accettabili" che permetterebbe di combattere la pirateria sia arrivata da oltreoceano quando era chiaro da anni che sarebbe stata l'unica risposta praticabile.
La dimensione culturale, parafrasando le parole del presidente Grasso, la da Giampaolo Letta, figlio di Gianni, e amministratore delegato di Medusa Film. Durante la tavola rotonda finale si è lamentato del tempo necessario per chiudere quei siti pirata che rendono disponibili i film anche prima che escano in Italia. Considerazione sorprendente nell’era della contemporaneità, dove l’unica chiave che funziona è quella di offrire un contenuto ovunque nel mondo allo stesso tempo proprio per evitare la diffusione delle copie pirata. Il passaggio successivo sarebbe quello di pubblicare online i film mentre arrivano nelle sale, a prezzi magari maggiori. In tanti continuerebbero ad andare al cinema e tanti altri che oggi non ci vanno potrebbero pagare per vedere quella stessa pellicola a casa via streaming. Ma questa, appunto, è una rivoluzione culturale. E in Italia ci vorrà ancora del tempo prima che prenda piede.