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La corsa rosa di Dainese: «Caorle, la mia rivincita»

Intervista al termine del Giro d’Italia al velocista di Abano che ha conquistato una vittoria in volata: «Bergamo la tappa più dura, che emozione trionfare al fotofinish su strade note»

Andrea Fin
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

Alberto Dainese, padovano di Abano, ha vinto la tappa del Giro con traguardo a Caorle

 

Alberto Dainese ha chiuso con un quarto posto sul traguardo di Roma il suo secondo Giro d’Italia. Se lo scorso anno per il padovano di Abano Terme era stata la corsa della rivelazione al grande pubblico, quello targato 2023 è stato senza dubbio il Giro della consapevolezza. Per lui sono arrivati i complimenti del CT Daniele Bennati e pure quelli di un grande ex come Alessandro Petacchi.

Dopo il traguardo di Roma è tempo di bilanci. Come valuta il suo Giro?

«Sono partito con l’obiettivo di aiutare i compagni di squadra e di tirare le volate. Poi è arrivata la vittoria, una soddisfazione grande e, soprattutto, un risultato che mi serviva. In mezzo ci sono stati momenti difficili nei quali ho pensato anche al ritiro ma sono riuscito a superarli e questo mi ha reso più forte».

Il giorno più difficile?

«Senza dubbio la tappa di Bergamo. Credo sia stata la corsa più dura della mia vita, di certo quella in cui ho faticato di più. Da alcuni giorni avevo l’influenza intestinale, mi sono staccato, sono stato costretto a fermarmi più volte. Sono arrivato al traguardo ultimo ma entro il tempo massimo. Poi, per fortuna, c’è stato il giorno di riposo ed è come se fossi partito per un secondo Giro».

Un finale decisamente in crescendo per lei...

«Si nell’ultima settimana, nonostante le salite, stavo bene. Poi è arrivata la vittoria è questo mi ha dato tanto morale».

Un successo al fotofinish...

«Non mi era mai capitato di vincere per così poco. Dopo aver tagliato la linea ero convinto di aver fatto secondo ed ero un po’ deluso. In passato, tra gli juniores, avevo già perso al fotofinish per aver alzato le mani troppo presto e sapevo cosa significa perdere per pochi millimetri. Invece questa volta è andata bene».

Prima della partenza aveva annunciato di voler vincere a Caorle, obiettivo centrato come i migliori velocisti. Com’è andata?

«Si correva sulle mie strade di casa, conoscevo anche le buche. La tappa è filata via liscia, la squadra ha fatto un lavoro stupendo per tenermi nelle prime posizioni. Purtroppo eravamo un po’ lunghi, per questo ho aspettato che partissero gli altri e sono partito».

Una vittoria al Giro nel 2022 e una nel 2023: ora i big devono fare i conti anche con lei quando si arriva allo sprint...

«In realtà ho vinto lo scorso anno e poi, per diversi motivi, non sono più riuscito a ripetermi. Vincere una corsa all’anno per un velocista è troppo poco. Non sono stati 12 mesi facili, per questo ho accettato il ruolo che mi ha dato la squadra: se non puoi vincere è giusto mettersi al servizio degli altri».

Cosa le ha pesato di più in questi 12 mesi?

«Sicuramente dopo la vittoria a Reggio Emilia dello scorso anno c’erano tante aspettative nei miei confronti. Siamo andati al Tour ma non ero al 100% e dovevamo ancora sviluppare bene il treno: il miglior risultato è stato un terzo posto. È stata una delusione che mi ha fatto mettere in discussione tante cose. Sembrava quasi che quella vittoria fosse arrivata solo per caso o per fortuna...».

Invece quest’anno ha dimostrato che non era solo fortuna...

«Probabilmente non era solo fortuna. Ma avevo bisogno di conferme importanti. Quella di Caorle è stata una rivincita, ho dimostrato a me e agli altri che se faccio una volata qualcosa riesco a fare, non ci credevo nemmeno io fino a pochi giorni fa ora so che posso dire la mia».

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