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Nuoto sincronizzato, le 7 medaglie di Enrica Piccoli: «Il sogno? Parigi 2024»

La campionessa trevigiana ha raccontato i suoi successi, la sua vita e i suoi desideri nella visita alla Tribuna di Treviso. Ecco l’intervista esclusiva

Mattia Toffoletto
Aggiornato alle 6 minuti di lettura

È la sportiva trevigiana più medagliata del 2022, con sette allori fra Mondiali ed Europei. È la saltatrice del nuoto sincronizzato, pedina insostituibile negli esercizi di squadra del team azzurro che nel 2022 ha inanellato risultati mai visti prima. Enrica Piccoli, 23enne di Caerano, tesserata con Fiamme Oro e Montebelluna Nuoto, parla a ruota libera, ospite della redazione della Tribuna di Treviso. Dalla meticolosa preparazione dei capelli (con la colla di pesce) ai riti scaramantici, dal futuro in Polizia (nell'investigativa) ai Mondiali di Fukuoka 2023. Con sullo sfondo i Giochi di Parigi.

Piccoli, quest’anno ha fatto incetta di medaglie: dove custodisce l’argenteria?

«A casa dai miei, a Caerano. Anche se una bacheca vera non ce l’ho. E, del resto, non sento di avere nemmeno una casa vera e propria. Sono sempre via con la Nazionale, mi sento un po’ apolide. E neppure ho pensato a una bacheca condivisa con il moroso, il sincronetto Giorgio Minisini: non ama esporle, se le tiene a casa. Quando cavalchi l’onda, vedere le medaglie non è la priorità: magari, fra qualche anno, osservarle può anche sorprenderti».

Quante medaglie ha vinto finora?

«Mi limito alle internazionali, altrimenti il conto diventa complicato. Lasciatemi calcolare un attimo…. Sì, arrivo a 11. Se includo i Tricolori, impossibile dare una cifra. Quanto alla bacheca, c’era il progetto di appenderle al muro di camera mia, dividendole per categoria. E, in effetti, avevo iniziato con le Esordienti A. Mi ero inventata un quadretto, ci avevo aggiunto le foto. Ma mi sembravano un po’ troppe. Magari in futuro comporrò un altro quadretto. Solo con gli allori internazionali».

Si potrebbe obiettare: a Mondiali ed Europei mancava la Russia.

«Rispetto all’esclusione non possiamo farci niente. Ma rispetto ad altri Paesi mi sento di dire che siamo state l’unica Nazionale a portare tutti gli esercizi. Peraltro nell’ultimo anno con così tante specialità. Abbiamo preferito buttarci, provare tutto. Pure esercizi apparentemente inutili, che il prossimo anno non serviranno più».

Che tipo di legame è nato con le ucraine, accolte a Ostia e Savona dalla nostra Federazione?

«Non siamo riuscite ad accoglierle appieno per ragioni di Covid, assieme abbiamo fatto solo pochi allenamenti per migliorare le spinte. Splendida però la vicinanza in gara: le ucraine che fanno il tifo per noi e viceversa. C’era un rapporto stretto. Le russe, pur assenti, fanno gare a sé, sono da anni ai vertici. Non le considero avversarie dirette. Sono di un altro pianeta. Un altro Paese più vicino come l’Ucraina, per contro, può spronarti di più».

Un'allenatrice russa ha avuto però un ruolo decisivo nella sua carriera.

«Sì, veniva dal mondo circense, avevo 13-14 anni. Ho partecipato a uno stage per esercitare le spinte. Diciamo che ha posto le basi, un lavoro che mi porto dietro tuttora. Una nostra compagna è riuscita ad allenarsi in Russia per un periodo, ma non poteva vedere le atlete di punta. Erano allenamenti blindati».

Come si diventa saltatrice?

«Dipende dalle caratteristiche fisiche. Ne avevano provate altre, io ero la più esile. Ora in Nazionale c’è pure Marta Iacoacci che lavora sui salti: non si sa mai; meglio un'alternativa, specie di questi tempi. Volendo potrei fare altri ruoli, negli esercizi qualche spinta l'hanno fatta pure Marta e Federica Sala. Certo, per chi resta fuori non è facile. Ma, in era Covid, il ruolo della riserva è diventato ancora più importante».

Raccontiamo spesso dell’Imoco Village: le pallavoliste di Conegliano che fanno gruppo, vivendo assieme. Voi fate team building?

«Viviamo assieme nei collegiali, ma un team building vero e proprio no. Ci servirebbe forse uno psicologo di gruppo, che segua la squadra. L’aspetto psicologico è importantissimo. Sì, chiediamo alla Federazione di pensare pure a questo».

Siete un gruppo di sole donne, con l’unico maschio, Minisini, che è il suo fidanzato: come si vive in un “ambiente” così particolare?

«Possono esserci momenti di screzi, ma è fisiologico. Fra noi siamo molto unite. Ci consideriamo più che sorelle, ci conosciamo molto bene, sappiamo come prenderci , ci diciamo le cose in faccia. Giorgio è un po’ il salvavita: smorza le difficoltà del quotidiano, cerca di sdrammatizzare. Una figura fondamentale, l’equilibratore del gruppo».

Lei e Giorgio parlate di nuoto sincro fuori dalla vasca?

«Non più di tanto, a fine giornata preferiamo pensare ad altro. Possono esserci momenti di lavoro condiviso, ma io e mio moroso facciamo in realtà cose diverse. Dico sempre che è come se fosse in un altro ufficio. Stesso ambito, ma compiti diversi. Se faremo un giorno un Duo? Scelte dello staff».

Quanti anni di carriera crede di avere davanti?

«Da noi si arriva al massimo ai 30 anni. Punto a sfruttare la carriera al massimo, anche se sono entrata in Nazionale maggiore già a 17 anni dopo Rio. Sono comunque una persona molto pragmatica, ho pensato già al futuro, vorrei aprirmi più porte: puntando sulle Fiamme Oro, di cui faccio parte. Sono agente di Polizia, mi piacerebbe fare carriera all’interno. Un ambito specifico? Mi attira l’investigativa. Studio Scienze dell’amministrazione all’università telematica della Sapienza, ma con indirizzo Sicurezza, controllo, investigazione».

Il primo contatto con l’acqua?

«Già a sei mesi. Me la facevano provare in una piscina a Paderno, a quel tempo non c’erano corsi per neonati a Montebelluna. Poi, a 5-6 anni, eccomi al Monte. Quindi il provino per il sincro. All’inizio, ti pare di giocare con le bambole: trucchi, costumi, brillantini. Mi resi conto che mi riusciva naturale».

Quanto ci mettete a prepararvi prima delle gare?

«Circa un’ora per i soli capelli. Da piccoline le allenatrici ti insegnano le acconciature, impari a metterti in testa la colla di pesce, la stessa che si usa per i pasticcini. Ti fai lo chignon, sciogli la colla in acqua fredda, poi prendi il bollitore, quindi metti il preparato a bagnomaria. Da piccola te lo tenevi per giorni, le allenatrici non potevano occuparsene sempre. Ora ti arrangi e lo applichi solo per la gara. Anche perché la colla è fastidiosa, scivola sul collo, appiccica. Un po’ puzza. Conclusa la gara ce la togliamo, con l’esperienza diventi veloce. Il trucco, invece, è abbastanza rapido: prima dell’esibizione, abbiamo una mezz’ora per rifinirlo, indossare il costume, concentrarci».

Come avviene la concentrazione?

«Dipende dal tempo che hai. Se ne ho tanto, cerco di rilassarmi. Ci fanno comunque ascoltare da uno stereo la musica dell’esercizio, la sentiamo tutte assieme, capitano e allenatrici ci ricordano i movimenti. Sì, siamo pure superstiziose. Abbiamo i nostri riti, prime delle gare: un’allenatrice infila sempre al collo tutti i pass, una compagna si deve sempre preparare per ultima, abbiamo un modo particolare per salutare le allenatrici, c’è chi vuole la stretta di mano più forte. Sono momenti in cui scarichiamo la paura, ci prepariamo a dimostrare quello che valiamo».

Quanto manca l’ex capitana Beatrice Callegari?

«È stata la prima che ho avuto e ho eletto. Una figura molto importante, perché la conoscevo da quando ero molto piccola (sono cresciute entrambe al Montebelluna). Ha fatto tanto per noi. Ma pure Gemma (Galli) è oggi molto brava, ha preso tanto da Beatrice».

Il caro energia è un’altra mazzata per le piscine dopo le restrizioni dell’era Covid: come vivete tutto questo?

«Un tema che non ignoriamo e che comunque ci tocca, un problema molto sentito. Il Montebelluna, ad esempio, aveva organizzato mesi fa la Marcia dei pinguini per sensibilizzare sulle bollette: io ero con la Nazionale, ho partecipato con un video. Il tutto peraltro dopo le chiusure causa Covid. So che pure al Monte sono stati momenti difficili. Anche per tenere tante ragazzine attaccate allo sport. Ragazzine che rischiavano di scappare».

Cosa le manca di più nei lunghi collegiali?

«Mi manca un armadio tutto mio. Un armadio da aprire e che mi faccia dire: cosa mi metto oggi? Certo, gran parte dei giorni sono in tuta, ma qualche volta si esce pure. Lo shopping mi piace. E un po’ mi secca dover contare i vestiti che riescono a stare in valigia».

La sua compagna Linda Cerruti è stata vittima di insulti insopportabili sul web dopo la pubblicazione di una foto: il suo rapporto con i social?

«Linda aveva postato delle foto solo per festeggiare le medaglie. I commenti che ha subìto non si possono nemmeno… commentare. Io ho un rapporto pessimo con i social, non posto cose della mia vita. Se mi piacciono le storie su Instagram? Più che altro ripostavo video e foto in cui mi taggavano».

Quante ore si allena?

«Quando siamo a Roma, dalle 8 alle 13 e dalle 15 alle 18.30. Quasi nove al giorno, sei giorni su sette. Le due ore centrali le dedichiamo al pranzo e a un pisolino. La preparazione atletica è quotidiana, a volte doppia seduta in palestra. Ma l’85% dell’allenamento si svolge in piscina. A Recco, invece, eravamo nella vasca di uno stabilimento balneare. E ci davamo pure il cambio con la pallanuoto. Noi dalle 6.30 alle 10, poi dalle 18.30 alle 21. A metà giornata, spazio ai turisti. Curiosa situazione a Recco: al mattino si vedevano i cinghiali».

Il posto più bello in cui è stata?

«Tokyo. L’Olimpiade è sempre una competizione a sé: vedi tutte le divise del mondo, medaglie ovunque, il logo dei Giochi in ogni dove, sei immerso in una realtà surreale. Purtroppo mancava il tifo, speriamo vada meglio per Parigi. Ora ci attendono due Mondiali: luglio 2023 a Fukuoka, gennaio 2024 a Doha. Mesi abbastanza pieni. Credo Fukuoka servirà a qualificarci per i prossimi Giochi. Strano già quest’anno con due grandi eventi ravvicinati: se però la prima gara va bene, poi tutto è in discesa».

Quando riprende la preparazione?

«A ottobre, ci hanno concesso un mese e mezzo di stop. Sono stata in vacanza in Puglia, con escursione alle Tremiti».

C’è un sogno nella sua carriera?

«Forse le prossime Olimpiadi… Il nostro sport è un po’ noioso, scalare le gerarchie è difficile. Nel 2023 ci attende pure un nuovo regolamento, cambiano i giudizi. Sai però che certe nazioni sono sempre lì, in testa. L’obiettivo? Più avvicinarsi per insinuare il dubbio nella giuria che pensare di superare posizioni consolidate. Insomma, rimpicciolire il gap… Siamo fra le prime cinque nazioni al mondo, includendo la Russia: più che mettere fiato sul collo delle ucraine, vogliamo arrivare sempre più alle costole delle giapponesi. Le spagnole? Al Mondiale ci hanno battute nel libero, ma hanno portato solo quell’esercizio. Ci rifaremo l’anno prossimo».

Lo sgarro nell’alimentazione?

«La pizza. Non si direbbe, ma sono abbastanza golosa, di buona forchetta. Amo la pasta alle vongole di mia mamma. A Recco lo sgarro era la focaccia al formaggio, a Roma la carbonara».

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