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Volley, l’Imoco rivuole i suoi tifosi al Palaverde: «Le porte chiuse? Faranno morire la pallavolo»

Niente biglietti in vendita per le prime due giornate (Casalmaggiore e Scandicci). Il copresidente di Conegliano, Pietro Maschio: «Via con 200 a invito ma vogliamo salire al 30% dell’impianto: sarebbero 1.500 tifosi»

Mirco Cavallin
2 minuti di lettura

CONEGLIANO. Un grande vuoto e un grande punto di domanda grava sulla presenza del pubblico al Palaverde: sono trascorsi ormai sette mesi dall’ultimo sold out (Conegliano-Novara, 16 febbraio) e dall’ultima gara a porte aperte (Conegliano-Nantes, 18 febbraio). A cascata il problema riguarda e riguarderà anche altri palazzetti e impianti dove giocano altre squadre: il palasport di Castelfranco per il Giorgione, il Barbazza per le panterine di San Donà, o ancora il Palaopitergium di Oderzo, il PalaMaser o il PalaCicogna di Ponzano.

Che sia volley, futsal, pallamano non fa differenza: il pubblico non può entrare, pur essendo gli spazi molto più ampi rispetto, di un bus o di un treno. Nella pallavolo di vertice era chiaro fin dall’estate che la stagione sportiva sarebbe partita a porte chiuse, così come si era conclusa l’annata 2019/20 dell’Imoco, che ha giocato l’ultima gara ufficiale, la prima e finora unica senza tifosi, il 7 marzo; proprio in quelle ore il governo stava decidendo di attuare il lockdown.

Un po’ di gente sugli spalti la si è vista in occasione della Supercoppa di Vicenza, ma non era il solito pubblico caloroso: sembrava di assistere a partite di tennis, col silenzio durante gli scambi. Mancheranno ancora per un po’ gli spettatori, almeno fino al 7 ottobre, data di vigenza del Dpcm che di fatto ha prorogato le precedenti misure anti Covid. Per le pantere vuol dire giocare in un Palaverde deserto le gare contro Casalmaggiore (domenica) e contro Scandicci (il 4 ottobre): il successivo impegno casalingo sarà il 25 ottobre contro Monza e, da lì a fine anno, ci sono altre 8 partite in calendario nell’impianto di Villorba e un massimo teorico di 25 entro la primavera fino ai playoff.

«Per le prime due partite di campionato - spiega il copresidente Pietro Maschio - avremo le 200 presenze su invito che la normativa consente; in seguito, la speranza e l’auspicio, a carte ancora coperte, è che si possa salire al 30% della capienza. Per noi vorrebbe dire poco più di 1500 persone e sarebbe una prima boccata di ossigeno. Ma aspettiamo di vedere gli effetti della riapertura delle scuole da oggi».

In questo periodo di incertezza anche gli sponsor, pur incentivati dal credito d’imposta, faticano a dire sì con convinzione. «C’è una questione di visibilità nei confronti del pubblico, che adesso non è garantita: un’azienda investe se sa di avere un ritorno di immagine e di pubblicità, direttamente al palazzetto e in tv. Abbiamo ancora un paio di grosse trattative in piedi e spero di concluderle positivamente, in modo da limitare il calo complessivo del fatturato intorno al -20%».

Quando, ai primi di maggio, la società gialloblù indicò le modalità per ricevere il rimborso della parte di abbonamento non goduta, molti tifosi decisero di rinunciare, testimoniando una concreta vicinanza al club, che con la chiusura anticipata della stagione aveva patito pesanti danni economici. «Di questo siamo molto contenti: solo il 4% degli abbonati ha chiesto il voucher».

Nelle sue otto stagioni l’Imoco ha giocato al Palaverde 147 partite a cui hanno assistito 584.396 tifosi; l’anno scorso dei 4mila spettatori presenti in media alle partite, circa 2600 erano abbonati. «Moltissimi ci chiedono di rinnovare, ma non possiamo ancora dare risposte. È possibile che si metta un limite al numero di abbonati, ma vorremmo garantire in qualche modo la prelazione ai più fedeli; ipotizziamo anche di mettere in vendita solo biglietti a prezzo pieno, per compensare parzialmente i mancati introiti, se potremo avere 1500 spettatori».

Gli incassi incidono per alcune centinaia di migliaia di euro, «ma non sono determinanti nel bilancio» aggiunge Maschio, «anche se i costi del Palaverde vanno sostenuti. Certo restare a porte chiuse farà morire il movimento: il volley sta interloquendo con i politici per avere l’accesso parziale del pubblico, come per le gare di Supercoppa maschile. Il nostro non è un capriccio: il botteghino non determina la sopravvivenza di una squadra, ma non possiamo fare a meno del pubblico». —
 

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