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Jenny non vuol far cadere l’ultima palla: «Smettere? No, ho l’acquolina in bocca»

Barazza, la campionessa di Codognè: «Che bacheca, ho contribuito a far diventare grande Conegliano. Io come Tirozzi ed Easy, mamme sul taraflex»

Mirco Cavallin
2 minuti di lettura

CODOGNE'

La sua bacheca fa tremare i polsi: 3 scudetti, 3 Coppe Italia, 2 Supercoppe, 3 Champions League e una Coppa Cev conquistate con Bergamo e Conegliano, senza contare le medaglie con la nazionale. Il 24 luglio Jenny Barazza da Codognè farà 39 anni e si prepara alla sua terza stagione in A2 ad Olbia, dove è anche capitano.

Jenny, non sono molte le giocatrici che possono vantare un tale palmarès.

«Non mi piace esibire le vittorie; però, da quando ho portato qui in Sardegna medaglie e trofei che avevo ancora nella casa di famiglia, devo dire che non sono poche. Vederle radunate mi suscita un misto di orgoglio e di nostalgia; è merito del mio talento e del lavoro di allenatori, società e compagne che ho incontrato durante la carriera».



Davanti c’è un’altra stagione, che parte proprio dalla tua conferma.

«Olbia è la mia casa. In realtà avrei voluto smettere quest’anno, ma l’interruzione anticipata, dopo che avevamo raggiunto la Poule promozione, mi ha lasciato l’acquolina in bocca. Vorrei smettere dopo un anno giocato per intero».

Non sei l’unica intorno ai 40 ancora in attività: Gioli, Cardullo, Piccinini...

«Anche Aguero e altre che ho incrociato durante il campionato. Ovviamente non possiamo tenere gli stessi ritmi delle ventenni, i nostri allenatori lo sanno. Ma devo dire che ci difendiamo bene».

Come mai hai scelto come motto nella tua scheda personale dell’Hermaea Olbia «Gioca ogni palla come se fosse l’ultima»?

«E’ la mia filosofia di vita. L’ho portata avanti, fin dagli inizi alle scuole medie a Codognè: recentemente ho incontrato la mia insegnante-allenatrice di allora, la prof di educazione fisica Wally Stefan, che è appena andata in pensione. È con lei che ho mosso i primi passi che poi mi hanno portato nel volley professionistico cominciando da San Donà e dal Club Italia. Il motto lo dovrò aggiornare cambiando “palla” con “allenamento”, perché ho iniziato a seguire l’U14 e mi sto appassionando».

Se il girone di A2 sarà lo stesso, avrai modo di sfidare una tua ex compagna, Valentina Tirozzi, da poco mamma e ora nuovo capitano di Talmassons.

«Sono molto contenta per lei e non vedo l’ora di salutarla e vedere il suo piccolo. Valentina è forte e sarà tosta da battere. Ho letto anche del ritorno in campo di Megan Easy (in Brasile al Minas di Nicola Negro, ndr): è un’altra splendida notizia dopo i due infortuni degli ultimi anni».

Quindi è possibile conciliare maternità e sport di alto livello?

«Certamente sì, se ci sono le condizioni. Altre giocatrici hanno fatto scelte diverse, ma sono altrettanto valide e rispettabili».

A Conegliano hai giocato 134 partite in 4 stagioni e mezza, realizzando 762 punti di cui ben 303 muri. Cosa ricordi di quegli anni?

«Ero arrivata a gennaio 2013 dopo il fallimento di Modena; alla prima partita ero tesa ed emozionata, quasi fosse la finale olimpica. Sono contenta di aver contribuito a far diventare grande Conegliano. Lo scudetto ci è sfuggito di poco, ma ci siamo arrivate tre anni dopo, passando anche periodi difficili: la società ha lavorato molto bene».

Cosa dici della Conegliano attuale?

«È fortissima e averla confermata è segno della serietà dei dirigenti e della capacità delle giocatrici di fare gruppo».

E Olbia che obiettivi ha?

«Partiamo dal raggiungere la salvezza, ma proveremo anche a fare qualcosa in più».

La quarantena da mamma com’è stata?

«Intensa e creativa. Luisa ha finito la terza elementare, senza didattica online: arrivavano i compiti, li facevamo insieme e io consegnavo alle maestre. A fine mese saremo a Conegliano a trovare nonni e parenti». —

Mirco Cavallin

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