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Se lo sport è medicina e gli allenamenti terapia Alex, Bebe e Martina si “espongono” al Musme

la mostraLo sport come medicina, gli allenamenti come terapia, tutto esposto al museo. Il Musme di Padova dedica un’area allo sport paralimpico, ai suoi atleti e alle tecnologie più innovative. Dopo...

Cristina Chinello
2 minuti di lettura

la mostra



Lo sport come medicina, gli allenamenti come terapia, tutto esposto al museo. Il Musme di Padova dedica un’area allo sport paralimpico, ai suoi atleti e alle tecnologie più innovative. Dopo un anno di lavoro e l’impegno di molte persone, al Museo di Storia della Medicina di via San Francesco apre al pubblico da martedì prossimo una nuova installazione dedicata a Sport, Tecnologia e Disabilità (inaugurazione su invito lunedì mattina). Per la prima volta Martina Caironi, Bebe Vio e Alex Zanardi si “esporranno” in un museo italiano mettendo a disposizione i supporti con cui hanno vinto gare di livello mondiale: la gamba con cui Martina si è sempre allenata per diventare la primatista del mondo; il braccio usato da Bebe ai Mondiali di Budapest dell'ottobre 2013; la handbike con cui Alex ha vinto l’oro alle Olimpiadi di Londra.

Accanto ai tre oggetti-simbolo saranno esposte le video testimonianze dei protagonisti. «L’idea», spiega Francesco Peghin, presidente della Fondazione Musme, «nasce dalla riflessione di come sia cambiata, soprattutto negli ultimi anni, la percezione della disabilità grazie allo sport. Lo sport ha permesso di capire che le persone disabili sono capaci di performance incredibili, con la forza di volontà e il desiderio di superare le difficoltà. L’effetto che si ottiene è anche il reinserimento nella vita di tutti i giorni di persone che in passato erano emarginate e non erano considerate in grado di esprimere cose importanti per la società. Lo sport diventa, pertanto, una vera e propria medicina e si è pensato che tutto questo lo rendesse coerente a essere esposto».

Il passo successivo è stato trovare la modalità per farlo: «Ci siamo detti: “Chi meglio dei grandi testimonial può esprimere al meglio questa idea?”, e siamo partiti proprio da Zanardi e dalla sua handbike, lo strumento con cui si è costruito una nuova vita. Poi abbiamo ampliato il racconto con le protesi di Vio e di Caironi». Come per gli strumenti dei medici, le protesi e la bicicletta serviranno anche per illustrare la tecnologia al servizio delle persone: «C’è stata una grande evoluzione tecnologica negli ultimi anni», aggiunge Peghin, «che si è realizzata sia negli strumenti per gli sportivi, sia negli ausili comuni». Come osservano Laura Nota, delegata all’Inclusione e Disabilità, e Arturo Natali, professore ordinario in Bioingegneria Industriale, «Realizzare questi dispositivi richiede la condivisione di competenze relative al mondo della fisica, della chimica, della biologia, dell’ingegneria, della medicina e della psicologia. Dietro a una protesi c’è l’obiettivo di dare a una persona funzionalità che sembravano irrimediabilmente perdute». Entusiasta dell’iniziativa, la campionessa Martina Caironi: «È la prima volta e trovo molto prestigioso che un pezzo di me venga esposto in un museo così importante; anche per questo all’inizio mi sono trovata un po’ in difficoltà, non sapevo quale protesi potessi dare perché sono ancora in attività» . La velocista sottolinea: «Tengo molto al progetto perché aiuterà i numerosi visitatori del museo a farsi un’idea di cosa sia lo sport per disabili e ad aprire lo loro menti». —

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