Primi contatti tra Meloni e Quirinale. Lo stallo sulla Giustizia porta a Sisto
Colloquio tra Mattarella e la leader Fdi. Il toto-ministri: dubbi su Scannapieco, veto su Ronzulli, Salvini rilancia sul Senato
ilario lombardo e francesco olivoCreato da

ROMA. Nessuno conferma ufficialmente, ma a quanto pare il primo contatto tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni c’è stato. Non ieri, perché il presidente della Repubblica era impegnato in un vertice a Malta, ma nei giorni scorsi. D’altronde, Mattarella intende muoversi secondo le regole del galateo istituzionale che prevede l’ingresso degli eletti in Parlamento, l’elezione dei presidenti di Camera e Senato e solo dopo l’incarico alla futura premier che avrà il compito di mettere in piedi un governo, composto da una squadra di ministri condivisa con il Colle.
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Ma la situazione critica, a livello economico e internazionale, può facilitare qualche eccezione. Tanto più che su al Quirinale considerano «assolutamente fisiologico» che, dopo le elezioni e prima della formazione dell’esecutivo, il capo dello Stato abbia interlocuzioni con i leader dei partiti. E certo il presidente non è tipo da sottrarsi se gli venisse chiesto qualche consiglio. Negli ultimi quattro anni e mezzo Mattarella ha gestito due elezioni e tre crisi di governo, l’ultima delle quali ha portato al voto anticipato in pieno autunno, e a poche settimane dalla presentazione della legge di Bilancio, con l’Italia in mezzo a una difficile trattativa europea sul gas e nella tempesta perfetta di una guerra al confine dell’Unione.
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Meloni ha cercato Mattarella e il colloquio, da quello che si è potuto sapere, è stato costruttivo. Il che però non placa l’agitazione dentro il centrodestra. Gli alleati di Forza Italia e Lega sono convinti che la premier in pectore si sia impantanata tra veti, richieste e l’ambizione di dare all’Italia un governo «politico» ma «di altro profilo».
Nei prossimi giorni la leader, come annunciato ieri sera uscendo da Montecitorio, incontrerà il presidente di FI Silvio Berlusconi e il segretario del Carroccio Matteo Salvini. Potrebbe essere un incontro a tre, preparatorio delle consultazioni di coalizione al Colle, ma anche necessario per risolvere i nodi sui ministeri. I problemi principali sono sempre gli stessi: quante figure tecniche assegnare alle poltrone di prima fascia, chi siederà all’Economia e dove mettere Salvini dopo la capitolazione sul Viminale. Ma nelle ultime ore il quadro sembra essersi complicato ulteriormente. Il leghista rilancia e chiede la presidenza del Senato per Roberto Calderoli, che Meloni vorrebbe invece destinare Ignazio La Russa, storico colonnello della destra, al suo fianco dalla fondazione di FdI. Non c’è certezza sul Tesoro: il no di Fabio Panetta, ex dg di Bankitalia oggi nel board della Bce, ancora regge. Mentre si registra un certo attivismo a Cassa depositi e prestiti. L’amministratore delegato Dario Scannapieco è finito nel totonomi. È uno dei Draghi boy e ha avuto contatti con Meloni nelle scorse settimane. Nella cerchia stretta dei consiglieri della leader, però, si nutrono dubbi sul fatto che sia il profilo più adatto per il Mef.
Sul fronte azzurro, invece, i fedelissimi di Berlusconi riportano una certa irritazione del Cavaliere per l’insistenza di Meloni sulle «personalità di alto profilo» che vorrebbe in squadra. Raccontano che abbia fatto l’elenco di chi FdI sia andato a pescare nella lunga storia di scoperte berlusconiane, da Marcello Pera a Giulio Tremonti e Raffaele Fitto. L’ex premier in realtà è alle prese anche con il veto sul suo braccio destro, Licia Ronzulli. Meloni non la vorrebbe al tavolo del Consiglio dei ministri. Se sarà obbligata, sostengono i suoi uomini, proporrà per lei un ministero minore, Pari opportunità o Politiche giovanili, e non la Sanità, ambita dalla senatrice. Contro Ronzulli viene utilizzato un argomento: la sua posizione nettamente a favore del Green Pass e dell’obbligo vaccinale, un modello che Meloni ha definito «cinese».
Ma tra forzisti e leghisti ci si sta interrogando anche su chi vestirà i panni del Guardasigilli. Ministero delicatissimo perché un governo di destra rischia di far esplodere una guerra di sistema sulla giustizia. Ci sono dubbi sull’opportunità di mandare in via Arenula Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini: è la legale che sta seguendo il processo Open Arms, sul blocco delle navi dei migranti considerato illegale dai pm. Inoltre, Meloni vuole evitare un conflitto aperto con la magistratura. Dubbi quasi definitivi anche sull’ex magistrato Carlo Nordio. Ma la short list sulla Giustizia ruota attorno a nomi che potrebbero causare comunque un cortocircuito. FI spinge, per esempio, su Francesco Paolo Sisto, profilo non ostile alla magistratura e che ha lavorato in armonia con Marta Cartabia (era sottosegretario) ma che è stato uno degli avvocati di Berlusconi. Questa scelta avrebbe anche un’altra controindicazione: se l’Economia e l’Interno andranno a due tecnici, se agli Esteri andrà Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia, cosa resterà alla Lega dei ministeri più importanti?
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