In provincia di Treviso la siccità costerà quasi 100 milioni
L’agricoltura registra il crollo della produzione di mais e seminativi. Le stime: raccolto giù del 30% per alcune colture. Coldiretti: «Peggio del 2022»
Lorenza Raffaello
Primi giorni di primavera e l’agricoltura si sta preparando a fare i conti con le perdite indotte dalla siccità. Secondo le stime di Cia - Agricoltori Italiani i crolli produttivi per la mancanza di piogge potrebbero essere quantificati tra il 10 e il 30%, soprattutto nei seminativi. Per un comparto che, nella Marca, vale 390 milioni di euro di fatturato (dati Confagricoltura, vino escluso), si tratta di potenziali perdite fino a 100 milioni di euro e oltre.
Le colture più in crisi
Un fenomeno che interessa tutti i seminativi, oltre a quelle coltivazioni che hanno costante necessità di acqua per svilupparsi e crescere, come per esempio gli asparagi. Compromesse in modo particolare le semine del mais, che stanno avvenendo proprio in questo periodo. Le stime di Compag, federazione nazionale delle rivendite agricole, raccontano di un crollo del 30% in tutto il Veneto, dove se vent’anni fa la produzione copriva buona parte del fabbisogno nazionale, ora il tasso di autoaprovvigionamento è sceso al 40% con ripercussioni su tutto l’indotto dell’agricoltura.
Qui Confagricoltura
«L’inizio dell’anno è stato particolarmente siccitoso e quindi molti agricoltori si sono orientati verso colture che hanno meno bisogno di acqua e che subiscono meno gli stress estivi. Per cui chi ha potuto in autunno ha seminato grano, tanto che le superfici a grano sono aumentate in modo esponenziale e, di contro, c’è stata un’inevitabile riduzione sostanziale delle superfici a mais» spiega Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, presidente di Confagricoltura Treviso, che conferma le previsioni di calo dei seminativi fino al 30%, precisando però che « ad oggi non possiamo quantificare con precisione a quanto ammonteranno le perdite, è prematuro fare previsioni».
Peggio del 2022
Scotti Bonaldi confronta l’andamento dei primi mesi del 2023 con quelli del 2022: «Quest’anno potenzialmente potrebbe essere peggio dell’anno scorso perché abbiamo gli invasi già scarichi. Tra gli agricoltori il sentiment è certamente di preoccupazione, sembra quasi riproporsi la stessa strada dell’anno scorso che è stata complicata, sui seminativi in particolare. Avere un secondo anno del genere potrebbe rappresentare un grosso dramma». Secondo Scotti Bonaldi c’è un altro tema: «Ora bisogna gestire l’acqua nel modo migliore, anche in relazione alle attività dei consorzi di bonifica. Quest’anno i costi sono lievitati, ci vogliono investimenti da parte di tutto il sistema. Ci vorrà ancora tempo, dato che le grandi opere infrastrutturali nella nostra provincia non sono state finanziate. L’attenzione e la sensibilità a livello regionale ci sono, bisogna passare ai fatti con i fondi del Pnrr».
Faglie abbassate
Anche Giorgio Polegato, presidente Coldiretti Treviso, racconta di un clima generalizzato di preoccupazione: «Non siamo in grado di quantificare quanto saranno le perdite perché non è ancora partita la semina, ma è chiaro che il rischio c’è, non c’è dubbio che siamo in una situazione critica. L’anno scorso abbiamo avuto un calo del 30% e siamo preoccupati, perché rispetto all’anno scorso le faglie si sono abbassate di mezzo metro e le riserve idriche nel comprensorio sono ridotte, la pioggia è ancora più necessaria dell’anno scorso. Nel 2022 eravamo riusciti a sopperire alla mancanza di acqua, ma oggi come oggi non siamo in grado di garantire le stesse quantità e quindi quest’anno sarebbe ancora peggio qualora non piovesse».
Le stime della Cia
«Ad oggi c’è una certa sfiducia a cominciare certe coltivazioni che richiedono molta acqua e l’agricoltore non avendo certezza di averla a disposizione ci pensa bene prima di iniziare a fare lavorazioni e piantare prodotti che non sa se riuscirà a portare a fine stagione – aggiunge Salvatore Feletti, presidente Cia Agricoltori Italiani Treviso, «stime di qualche settimana fa parlavano di un calo del 30% di semina di mais. Se la situazione non dovesse cambiare questa percentuale potrebbe aumentare e comunque anche la germinazione di altri semi sarebbe compromessa dalla siccità e, di conseguenza, la resa complessiva che potrebbe avere un ettaro di terreno sarebbe ridotta. L’agricoltore cerca di adattarsi al clima e predispone una gestione per fronteggiare questi capricci del clima. Però se abbiamo un reddito nell’agricoltura riusciamo a investire in impianti che ci permettono di gestire le situazioni, se manca il reddito invece si fa molta fatica a continuare in queste attività».
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