Il caso New Financial Technology: rischio buco per seimila investitori in criptovalute
La società fondata a Silea da due trevigiani garantiva rendimenti del dieci per cento al mese: ora ha congelato la restituzione del capitale. La testimonianza: «Mi sono fidata del passaparola»
fabio poloni
SILEA. Hanno investito cifre che vanno dai diecimila ai trecentomila euro, attirati dalla promessa – mantenuta, finora – di rendimenti altissimi e garantiti, il dieci per cento mensile, grazie a un algoritmo capace di lucrare sulle criptovalute.
Ora, però, la New Financial Tecnology, nata a Silea e ramificatasi fino a Londra e Dubai, rischia di trasformarsi in un clamoroso buco milionario.
È quello che temono le migliaia di investitori (c’è chi ipotizza siano quattromila, altri quasi seimila, soprattutto tra Veneto, Emilia, Lombardia, Lazio) che nei giorni scorsi si sono visti recapitare un messaggio in cui si legge che la società «si è trovata ad affrontare problematiche interne non previste» e «ha deciso di effettuare un riassesto tutelando per primo il capitale depositato dei clienti, programmando una restituzione degli stessi. Molto probabilmente i clienti verranno rifusi in un piano di rientro che verrà valutato e concordato nei prossimi giorni. C’è tutta l’intenzione di rifondere ogni investitore per il flottante in lavorazione».
Vaghezza inquietante, per chi ora teme di vedere andare in fumo centinaia di migliaia di euro.
Video. In queste immagini i soci della Nft si presentano sperando di attrarre nuovi clienti. Il video è ora sparito dalle principali piattaforme
Presunta truffa delle criptovalute. Ecco il video sparito con cui si tentavano di adescare i clienti
SCHEMA PONZI
La paura è quella di essere caduti nel classico tranello piramidale con il famigerato “schema Ponzi”: i dividendi vengono pagati con gli investimenti di chi entra nel presunto affare dopo di te, e quando la base si allarga in maniera esponenziale, chi sta al vertice scappa col malloppo e lascia gli ultimi entrati a secco. Sui social sono già comparsi gruppi come “I truffati di New Financial Technology”, con tanto di sondaggio interno: “Quanti di voi erano consci di partecipare a uno schema Ponzi?”: il 55% dice “solo adesso”, mentre quasi uno su tre spera ancora che non sia così, e di rivedere i propri soldi.
LA SOCIETA’
«Schema Ponzi? Escludo questa realtà»: a parlare è Emanuele Giullini, avvocato nonché uno dei legali rappresentanti della NFT. Assieme a lui, si legge nelle visure societarie, ci sono i trevigiani Mauro Rizzato, 55 anni, e Christian Visentin, 46 anni.
La New Financial Tecnology ha sede a Londra nel quartiere di Soho, forma giuridica “Limited” (praticamente una Srl), risulta nata nel maggio del 2020 e in passato si chiamava Hailstorm Investments, attiva dal 2014. La società ha anche uffici a Stoccolma e a Dubai, dove in questo momento si trovano i vertici.
La raccolta di questi investimenti molto remunerativi sarebbe iniziata circa quattro anni fa. Alla base ci sarebbe un presunto meccanismo di arbitraggio tra criptovalute, ovvero la possibilità di guadagnare sfruttando i diversi prezzi presenti sulle varie piattaforme di exchange. Esempio: se su Coinase trovo Bitcoin a 38.225 euro, su Kraken magari a 38.250, comprando da una parte e vendendo dall’altra riesco a fare profitto.
La società guidata dai due trevigiani sosteneva di avere un algoritmo capace di scandagliare il mercato e massimizzare i profitti, da qui il rendimento elevatissimo e garantito, il dieci per cento mensile, appunto. Un valore clamoroso, fuori mercato, che porta vicini a un raddoppio di capitale in un anno.
LE RASSICURAZIONI
Schema Ponzi, dunque? «Lo escludo», dice l’avvocato Giullini. Gli investitori però tremano e temono di perdere tutto. «Stiamo lavorando per la restituzione», ci dice ancora Giullini al telefono da Dubai, «saranno rilasciate comunicazioni nei prossimi giorni».
Nelle chat si teme che qualcuno sia scappato col malloppo: i soldi degli investitori ci sono ancora? «Per quello che ci risulta, i soldi ci sono». Formula un po’ ambigua, no? «Ripeto, faremo comunicazioni nei prossimi giorni». Christian Visentin, contattato telefonicamente, non ci ha risposto. Secondo quanto riferito dall’avvocato e socio, anche lui si trova a Dubai.
I DUBBI PROGRESSIVI
Per quasi quattro anni, chi ha investito ha visto puntualmente arrivare il proprio ritorno economico mese per mese. Il sistema, a detta degli investitori stessi, ha iniziato a scricchiolare qualche mese fa: a chi chiedeva di uscire e riavere indietro le proprie quote sarebbe stato risposto di attendere, di avere pazienza. Nei giorni scorsi, poi, il fulmine a cielo già non più tanto sereno, con la comunicazione delle «problematiche interne non previste» da parte della società, che ora dice di lavorare per risolvere la questione.

LA TESTIMONIANZA
«Mi sono fidata del passaparola, la beffa finale anche con i token»
Parla una donna che è entrata pochi mesi fa: «Ora voglio fare denuncia, non so se rivedrò mai i miei soldi»

«Dobbiamo muoverci subito, fare denuncia. I primi a entrare in questo meccanismo ora sono prudenti, temporeggiano perché in questi quattro anni hanno portato a casa i dividendi. Ma noi che siamo gli ultimi? Rischiamo di perdere tutto?».
A parlare è Marta, nome di fantasia: ci racconta come è entrata in questo meccanismo ma chiede di restare anonima. «Siamo in tanti, credo tantissimi: c’è chi dice quattromila, altri seimila».
Quando e quanto ha investito?
«Io sono tra le ultime entrate, pochi mesi fa. Ci siamo fidati di alcuni nostri amici che erano dentro da un po’ e che i soldi mensili li vedevano. Questi non si fanno pubblicità, si basano sul passaparola».
Ora teme di perdere tutto?
«Ieri è arrivata questa comunicazione da parte della società, hanno interrotto i pagamenti, dicono che vedranno come restituire le somme... Sono preoccupata, certamente».
Temete di essere caduti in un tranello con il classico “schema Ponzi”?
«A questo punto non so cosa pensare, non so nemmeno se fosse reale il meccanismo di arbitraggio alla base dell’investimento e degli alti rendimenti, ovvero l’acquisto e cessione di criptovalute analizzando i prezzi più convenienti».
Sta pensando di fare denuncia?
«Penso di sì, sto cercando anche di convincere altre persone, di smuovere mezzo mondo. Molti però si vergognano, non vogliono farlo. Altri, che sono entrati nell'investimento tra i primi, tre o quattro anni fa, se hanno portato a casa i dividenti mensilmente hanno recuperato le somme investite e ci hanno pure guadagnato, per questo sono molto prudenti. I veri truffati, se di truffa si tratta, siamo noi entrati per ultimi: non vediamo rendimenti e perdiamo tutto il capitale».
Cosa pensa delle promesse della società, ora, che dice di lavorare per la restituzione delle somme?
«Non so se crederci, se fidarmi del riassetto, se chi rimane ci crede davvero o se recita una parte, se qualcuno sia scappato coi soldi... Ci siamo fidati, si sono presentati bene, ci mettevano la faccia nelle varie sedi, a Dubai in tanti sono andati a incontrarli».
È riuscita a contattare qualcuno?
«Solo il mio referente locale per la società, sembra distrutto, non so se ha perso soldi pure lui o se è un’altra messa in scena. L’avvocato Emanuele Giullini ha detto che farà una video-call per spiegare tutto, forse già domani (oggi, domenica, ndr), staremo a vedere. Temo ci abbiano preso in giro fino alla fine».
In che modo?
«Negli ultimi mesi hanno lanciato sul mercato anche un proprio token, “NFT Coin”, il cui valore è precipitato ora che hanno rilasciato anche la quota che tenevano riservata. Sembra il classico “exit scam”, il colpo finale per racimolare gli ultimi soldi».
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I NUMERI
Un “tesoro” da oltre 40 milioni è stato un affare solo per i primi

C’è chi dice «siamo in quattromila», altri addirittura seimila. Impossibile, al momento, sapere quanti investitori hanno deciso di puntare sugli altissimi rendimenti garantiti dalla New Financial Technology. Di conseguenza, difficile anche capire la consistenza complessiva di quello che molti ora temono si riveli un buco clamoroso.
Se l’investimento minimo era di diecimila euro ciascuno, da convertire in criptovalute, ecco che con quattromila sottoscrittori si toccheremmo almeno quota 40 milioni di euro. Ma alcuni, e questo è certo, hanno investito molto di più.
«Il problema è che tanta gente, ingolosita dal capitale composto, ha lasciato dentro i profitti senza mai tirare fuori nulla – racconta un consulente finanziario che ha un cliente che aveva deciso di investire nel progetto della New Financial Technology – Chi ci ha investito all’inizio, come in tutti gli “schemi Ponzi”, oggi ha fatto tantissimi soldi se ha sempre portato a casa i profitti. Chi entra oggi, vedendo che il sistema gira da un po’, tende invece a lasciar tutto dentro, allungando potenzialmente la vita del progetto che salterà per aria quando la somma tra interessi da pagare e liquidazioni sarà superiore al nuovo capitale che viene versato».
Il banco salta, alla fine: resta da capire se qualcuno si è intascato il tesoretto. Ora gli investitori si stanno organizzando e pensano a una class action, un’azione legale collettiva nel caso in cui dalla società trevigian-londinese non arrivassero rassicurazioni e prospettive concrete sulla modalità e sui tempi di restituzione delle somme investite.
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L’ANALISTA
Quell’allarme già a maggio: «Occhio, troppi segnali strani»
Tanti, troppi campanelli d’allarme. Il “caso Treviso”: così, a maggio di quest’anno, Moneycontroller, piattaforma di consulenza finanziaria e risparmio gestito, ha intitolato un’analisi sulla vicenda della New Financial Tecnology.
«L’esplosione delle criptovalute negli ultimi anni ha visto tantissime persone arricchirsi in modo apparentemente semplice - si legge - Quello che però non si vede è quante, dietro a queste, abbiano dilapidato ingenti capitali alla ricerca della pepita d’oro. Ogni giorno nascono nuovi progetti, con gli scopi più disparati. La non tracciabilità della blockchain permette a chiunque di raccogliere denaro e purtroppo, non sempre risultano essere meritevoli d’investimento o, nei peggiori casi, si rivelano delle truffe, utilizzando lo strumento cripto e fantomatici progetti rivoluzionari al solo scopo di raccogliere capitali, salvo poi dissolversi senza possibilità di recupero. In altri casi, le criptovalute sono solo lo strumento utilizzato per costruire l’investimento.
«Un esempio evidente è New Financial Technology Ltd un’azienda nata a Silea (TV), salita alla ribalta negli ultimi mesi e che vanta un sempre maggior numero di utenti nel Trevigiano e nelle provincie limitrofe. In questo caso le criptovalute sono lo strumento che genera il profitto riconosciuto su base mensile e fissa al 10% tramite un supposto sistema di arbitraggio sulle criptovalute, ovvero l’acquisto e la vendita fatte sfruttando leggere differenze di prezzo tra i vari exchange.
«Quello che balza all’occhio, oltre all’entità del rendimento, è il fatto che esso sia garantito in misura fissa. Il principale campanello d’allarme è quello relativo alla trasparenza: il sito non risulta più raggiungibile, ma anche prima di questo oscuramento, le informazioni fornite erano molto vaghe e lacunose. Rendimenti garantiti elevati, discutibili politiche di marketing, poca trasparenza sulla società e sui relativi progetti: i campanelli d’allarme ci sono tutti».
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Il gruppo social studia cosa fare già quasi 100 iscritti
Un gruppo per raccogliere testimonianze e informazioni e magari organizzare una denuncia congiunta»: così si presenta un gruppo social che in poche ore ha raccolto già quasi un centinaio di iscritti, accomunati dall’investimento che ora temono possa rivelarsi una clamorosa bolla.
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LA SCHEDA
Le monete alternative che vivono in blockchain
Il vocabolo criptovaluta o criptomoneta è l'italianizzazione del termine inglese cryptocurrency e si riferisce a una rappresentazione digitale di valore basata sulla crittografia.
L'etimologia del vocabolo deriva dalla fusione di cryptography ("crittografia") e currency ("valuta"). Al mondo esistono oltre 17.500 criptovalute. Utilizzano tecnologie di tipo peer-to-peer (p2p) su reti i cui nodi risultano costituiti da computer di utenti, situati potenzialmente in tutto il globo. Su questi computer vengono eseguiti appositi programmi che svolgono funzioni di portamonete.
Non c'è attualmente alcuna autorità centrale che le controlla. Le transazioni e il rilascio avvengono collettivamente in rete, pertanto non c'è una gestione di tipo "centralizzato" anche in questo caso.
Il controllo decentralizzato di ciascuna criptovaluta funziona attraverso una tecnologia di contabilità generalizzata (DLT), in genere una blockchain, che funge da database di transazioni finanziarie pubbliche. Sono state definite oltre trenta diverse specifiche e protocolli per lo più simili o derivate dal Bitcoin.
Dal 2009 dopo l’avvento di questa moneta sono nate nel mondo tutta una serie di criptovalute, subito ribattezzate Altcoin (alternative coin, monete alternative), che si differenziano per alcuni aspetti, e utilizzano un sistema differente dalla blockchain. Alcune nazioni, tra cui il Giappone, hanno riconosciuto al Bitcoin corso legale: può essere usato legalmente al posto della valuta locale. —
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